Attualità

Dom. 30-12-18 (Manfellotto)

Dopo aver “sfruculiato” nel domenicale scorso, del 23 dicembre, l’ex-direttore di “Repubblica”, Ezio Mauro, mi sembra giuso ora rivolgere i medesimi strali contro un ex-direttore dell’”Espresso”, Bruno Manfellotto, a dire il vero comparso alla direzione di quel settimanale in modo ben più precario di quanto non sia capitato a Mauro, venendo avvicendato dopo breve tempo, secondo quel tumultuoso mutamento nelle direzioni con cui il glorioso settimanale si è comportato di recente come il proverbiale malato che cerca rimedio cambiando la posizione nel letto, senza peraltro riuscirvi, Si sa ben che ora quel giornale, per non cadere nel nulla, impone un proprio acquisto automatico assieme all’ammiraglia del gruppo, appunto “Repubblica”. Non so bene con quale rituale vengano effettuati questi licenziamenti, se con la brutalità con cui capitò a me, di sentirmi esonerato dalla sera alla mattina, dopo un quarto di secolo di onorato servizio come rubrichista per l’arte, da un direttore, Giulio Anselmi, a sua volta pure lui di rapido ed effimero transito. Ma almeno ad alcuni di questi effimeri capitani viene concesso come premio di consolazione di tenere una rubrica nei numeri a venire, come succede proprio al nostro Manfellotto, che però, almeno a giudicare da quanto da lui dichiarato domenica scorsa, assume toni disastrosi, meglio perdere che lasciare. La dice già lunga il titolo apposto a quel corsivo, “Primo, abolire le primarie”, detto a danno del Pd, con quella protervia dei nostri commentatori, anche se sulla carta sarebbero di sinistra, e preoccupati dalla brutta piega che hanno preso le cose di casa nostra, da quanto il pavido Mattarella ha voluto a tutti i costi regalare il paese alla banda Salvini-Di Maio. Ma predomina su tutto il “vae victis”, il Pd, e in particolare il suo condottiero del giorno prima, Matteo Renzi, ha perso su tutta la linea, quindi dagli addosso, con irrisione, scherno, sufficienza. Fino appunto a prendersela con le primarie, invece di lodare l’unico partito rimasto tra le rovine del nostro sistema politico che conferma uno strumento democratico quale appunto le primarie, ignorate da tutte le altre formazioni presenti nel nostro angusto arengo attuale. Vorrei proprio sapere, se il Pd non fa ricorso a questo strumento, a quale altra formula, metodo, soluzione si debba affidare per trovare il prossimo segretario di partito, con le enormi responsabilità che gli competeranno. Si vuole una specie di autopromozione, quella con cui nel secoli bui dell’impero romano qualche comandante di legioni si proclamava quale “princeps” del momento? E poi, sono davvero così affollate, queste primarie, come i critici malevoli, a cominciare dal nostro Manfellotto, si sbracciano a dichiarare? In definitiva, restano solo due candidati credibili, Zingaretti e Martina, e dunque viene proposta una scelta binaria, semplice, chiara, dove l’uno dei candidati appare spostata più a sinistra, mentre l’altro, lo voglia o no, sembra destinato a raccogliere in gran parte l’eredità di Renzi, tanto che io stesso lo voterò. Quanto a Renzi, lui ovviamente è il capro espiatorio, quello che viene sottoposto a un fuoco di fila di sberleffi, contumelie, ironie, le stesse che del resto erano state gettate in faccia, come le monetine, a un altro candidato a cambiare le carte in tavola, Craxi. Renzi ha compiuto la scelta giusta, proprio per sfoltire il quadro delle primarie, togliendo di mezzo un candidato debole, che sarebbe stato accusato da tutti di essere la sua maschera, la sua controfigura. Delle primarie tripartite sarebbero state un arduo problema, mentre ora la scelta tra due fronti appare molto più razionale ed efficace.

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