Credo di aver fatto riferimento più volte a Antonio Polito, uno degli autori di fondi sul “Corriere” che in genere danno prova di equilibrio e buon senso, come, accanto a lui, Paolo Mieli, Aldo Cazzullo e altri. Forse c’è del buon senso nel suo fondo comparso mercoledì scorso 26 ottobre, ma si può sperare che, almeno per il nostro Paese, le sue previsioni, per quanto, ripeto, sensate e probabili, non abbiano seguito. L’articolo muove dalla diagnosi, oggi prevalente, della crisi dei partiti storici, per cui quasi ovunque, nel nostro mondo occidentale, si vedono costretti a scendere a patti con i loro avversari, se si vuole rendere governabili i rispettivi Paesi. E’ di questi giorni la notizia che il Partito socialista spagnolo si sacrifica astenendosi per permettere ai rivali conservatori di formare finalmente un governo. La Germania è abituata da tempo a reggersi su “grosse koalitionen”, in Francia forse socialisti e conservatori dovranno unirsi per sbarrare il passo alla Le Pen, lo stesso si dica per l’Austria. Infine, anche da noi, una “kleine koalition”, non dimentichiamolo, è in atto, visto il risultato disastroso delle ultime elezioni politiche, con un senato che impedisce al Pd di governare da solo. E pensare che in tanti, per sbattere via Renzi, sono pronti a giurare che in fondo questo sistema del bipartitismo perfetto è innocuo, mentre è sotto gli occhi di tutti che al contrario costituisce l’anticamera dell’ingovernabilità, o costringe a eff imere alleanze, come quella nata tra la sinistra e berlusconiani, sottoposta ai capricci di quel leader, ai suoi umori e convenienze. Per fortuna che da quell’iceberg si sono staccati blocchi che permettono alla barca di tirare avanti, diversamente immaginiamoci quale trauma sarebbe andare a nuove elezioni, fra l’altro non si saprebbe con quale legge elettorale. Purtroppo Polito parla tenendo conto dei sondaggi che danno per vincente un responso negativo, alla consultazione del 4 dicembre, da cui seguirenbbe necessità di ricorrere di nuovo a coalizioni posticce, precarie al massimo. Si pensaa con orrore se un Pd, fatto fuori Renzi con l’aiuto del referendum, fosse costretto a rabberciare una qualche maggioranza con i Salvini e Brunetta, cose da pazzi. Per cui, ripetiamolo, evviva la saggezza di Renzi che ci ha detto che non si può andare avanti così, che bisogna scegliere altri sistemi elettorali capaci di conferire subito un mandato di governo a qualcuno, costi quel che costi, in barba al criterio percentuale e rappresentativo, che produrrebbe drammatici immobilismi e conflitti intrapartitici. Il sistema del ballottaggio appare il più sicuro e conveniente. Ora Renzi “finge” di essere disposto a mutarlo, ma sa bene che, proprio con “queste” due camere così eterogenee, non si caverebbe un ragno da un buco. Credo che mantenga in sé una intatta fiducia che quello da lui proposto resti il migliore dei sistemi concepibili. Da notare che non arretra neppure davanti al muro dei sondaggi, secondo cui, appunto a un ballottaggio, a prevalere sarebbero i Cinque stelle. Mi chiedo però con quali criteri vengano condotti questi sondaggi, a quali fasce di elettorato si rivolgano, se equamente distribuite tra le varie generazioni. Ha certamente ragione D’Alema quando dice che a votare sì saranno gli anziani, ma ritengo che si debba scendere molto, rispetto all’età di 65 anni di cui ci parla, conviene indietreggiare di almeno un ventennio, ai 45. Proprio non credo che i quarantenni e oltre, comprendente l’enorme maggioranza silenziosa di chi votava Dc e poi Fi, vadano a scegliere l’avventura, il rischio appoggiando i Cinque stelle, capaci solo di dire no a tutto, e di fornire pessime prove nel loro esercizio del potere. E dunque, ritengo che malgrado tutto si possa mantenere, con Renzi, una certa fiducia che alla fine saranno i sì a vincere, e che una volta superate le pretestuose querimonie della sinistra interna, egli non abbia ragioni per mutare la legge elettorale fondata sul ballottaggio, tanto più che, se vince il sì, vuol dire che sono pure sbagliate le previsioni che a una prova del genere darebbero come esito scontato la vittoria dei grillini. Qualche nostro talk show dovrebbe porsi il quesito di come si procede a questi sondaggi, cercando anche di rispondere all’interrogativo “cui produnt”.