Per ragioni mie scrivo questa nota con netto anticipo rispetto al solito, cioè il giovedì 31 marzo, anche se magari non rinuncio al titolo ormai sacro di domenicale. La situazione è incerta, ma naturalmente non credo che cambierà da qui a qualche giorno. Sono stato tra i primi, senza attendere Macron o i consiglieri della Casa Bianca, a deprecare l’eccesso di durezza con cui Biden ha attaccato Putin, quasi per togliersi fuori da qualsivoglia possibilità di mediazione, ma devo anche dire che ho apprezzato molto la sua visita in Polonia, unico tra i leader occidentali a essersi spinto così vicino al fronte. E ho trovato pure molto bello vedergli mangiare dei tranci di pizza assieme ai suoi soldati, ditemi chi fra i nostri capi ne sarebbe capace, riuscite a immaginare un Mattarella o un Draghi fare altrettanto? Ed è stato pure bello vederlo comportarsi da nonno, sollevare e baciare una bambina immigrata. Per il resto, proseguiranno i negoziati? Ci sono dei punti fermi, Zelensky ha rinunciato alla Nato, Putin a tentare di farlo fuori, ma basta questo? Voglio sperare che il presidente dell’Ucraina non si intestardisca a non voler rinunciare al Dombas e alla Crimea, ormai saldamente in mano russa, o con formule di apparente indipendenza o di diretta annessione. Putin a sua volta voglio sperare che non pretenda di annettersi Mariupol, che riaprirebbe immediatamente la disputa. Inoltre ci si mettono di mezzo anche i Ceceni, questi conquistati che ora sono più russi di qualsivoglia seguace di Putin. Per bocca del loro capo hanno annunciato che la guerra deve continuare fino alla conquista di Kiev. Insomma, ci sono ancora nubi e ostacoli per una soluzione positiva dei negoziati in corso.