Ho già stigmatizzato l’ipocrisia della Corte costituzionale che ha rimandato il giudizo sull’Italicun a dopo il referendum del 4 dicembre scorso. Se si fosse pronunciata prima, cone aveva il dovere di fare, dichiarando incostituzionale il ballottaggio, avrebbe tolto un’arma di cui si sono valsi i partigiani del no, con la scusa che il sì voleva dire ipso facto un’approvazione proprio della dubbia soluzione del ballottaggio. Chi ha assistito a un dibattito tra Renzi e Zagrebelsky, ricorderà come quest’ultimo si sia appellato con insistenza all’ a parer suo inevitabile abbinamento del sì a quella norma elettorale dubbia e pericolosa. Ma, come hanno visto i pochi che mi leggono, ho messo proprio quello pseudo-costìtituzionalista a uno dei primi posti della colonna dell’infamia, di quanti, partigiani del no, hanno condannato il nostro Paese in guai irresolubili. Infatti ora ci siamo dentro pù che mai, come è notorio La Corte costituzionale era tenuta a esprimersi solo sulla riforma prevista per la Camera, per la quale ha ammesso il limite del 40% come soglia per il premio di maggioranza. Ma c’è pure da fare i conti col Senato, rimasto intatto, e per esso al momento non è previsto nessun premio di maggioranza. Da qui la più che giusta predicazione del Presidentei Mattarella affinché le leggi per i due rami del Parlamento si avvicinino il più possibile, anche se alcuni fanno notare che anche per il passato una simile omogeneità non c’è mai stata. Ma almeno, prima di andare al voto, ci deve pur essere una vicinanza di regole, in modo da sperare che l’esito delle votazioni non crei troppe differenze di composizione tra i due rami, da cui deriverebbe una inevitabile ingovernabilità, come succede anche oggi.
Al momento, non si capisce la bramosia di andare subito al voto, da parte di Lega, Fratelli d’Italia e perfino Cinque stelle, nessuno dei quali può sperare di varcare appunto la soglia del 40%. Ma anche per Renzi quel limite potrebbe rivelarsi lontano e irraggiungibile, non è detto che lui riesca a riportare a casa proprio quel 40% che al referendum è riuscito a portare a casa. Se mancasse di varcare quel livello, sarebbe costretto alla solita politica delle alleanze dubbie e difficili. Insomma, davanti a noi si para lo spettro di un ricomparire dell’attuale situazione, di una “grosse” o “kliene” Koalition di forze politiche non omognere, tali da che frenarsi e bloccarsi tra loro. Brutte prospettive, effetti funesti della vittoria dei no al referendum (che avrebbe ristretto l’agone alla sola Camera).