Dom. 26.5.24 (per Babbini)
Ricevo da Mauro Gori un saggio forse dal titolo alquanto generico, La politica come governo della convivenza, ma che in realtà è rivolto a darci un ritratto di Paolo Babbini, il che mi ricorda la mia stagione migliore di partecipazione alla vita politica, all’ombra di Craxi e del Garofano, di cui Babbini è stato il fedele interprete qui a Bologna, con mia totale adesione, che da lui andava anche a un suo luogotenente, a Nino Colombari, che lui stesso aveva voluto come assessore alla cultura. Fino a quel momento ero stato piuttosto ostile a una Bologna sotto il segno del PCI, di cui non mi aveva convinto neppure il suo volto più aperto quale costituito da Zangheri. Quanto al PSI, era anch’esso, come già il PD di oggi, diviso in califfati. Un avversario di Craxi era stato De Michelis, poi agganciato al carro del vincitore dandogli l’incarico prestigioso di ministro degli esteri, Ma qui a Bologna c’era una fazione demichelisiana, molto importante perché, nonostante la sua forza esigua, faceva da mediatrice tra la destra ufficialmente craxiana di Babbini e una sinistra agguerrita. L’uomo di De Michelis a Bologna era Sinisi, e in effetti quando fu lui a succedere a Colombari nell’assessorato alla cultura, io, come si dice, non battei più chiodo, mentre Colombari, cui devo eterna gratitudine, mi era stato favorevole in alto grado, consentendomi di accedere alla Galleria d’Arte moderna, allora sita nel quartiere fieristico, che senza dubbio era stato merito di Zangheri far erigere, tanto che fui finalmente in grado di contendere il potere civico che fin lì era spettato a Franco Solmi, artefice di una politica culturale alquanto molle, dove a dominare erano vecchi campioni di un’arte alquanto invecchiata. Ma tornando a Babbini, ebbi da lui l’onore di essere ammesso tra i candidati a una elezione comunale, dove presi ben pochi voti, a riprova che una carriera politica non faceva per me. Ma ricordo l’emozione di essere salito sul palco dei candidati, certo in seconda o terza fila, ma all’ombra del mio leader di riferimento, Craxi stesso, con cui a dire il vero non ebbi mai un rapporto diretto, condividendo solo con lui una salita in ascensore nello stabile romano di via del Corso che era la sede ufficiale del PSI. Sono stato un difensore a oltranza del Garofano, finché è esistito, transitando poi a favore di Renzi, ma anche con lui non ho mai avuto un rapporto diretto, evidentemente non sono fatto per una carriera politica.