C’è preoccupazione in giro per i molti tumulti e risse che si accendono di qua e di là in Italia in vista delle elezioni del 4 marzo. Il “Corriere della sera” di giovedì scorso titolava giustamente “Violenza sul voto. Allarme piazze”. E ci si chiede a che cosa sia dovuta questa ondata di agitazioni. Qualcuno si suppone con preoccupazione che si ritorni al clima anni 70 del brigatismo, o addirittura a quello degli anni 20, tra fascismo e antifascismo: Io credo che ci si debba rifare a un connotato di cultura materiale, magari sulla scorta di quel grande mentore che resta Marshall McLuhan, anche se dai più snobbato, inascoltato. Il fatto è che lo scontro politico da una base fondata sulla scrittura si è trasferito a una sfera dell’oralità, accompagnata da gestualità, sonorità eccetera. E’ anche una sconfitta del visivo a favore di reazioni sensoriali più immediate. Ovvero, per dirla proprio con McLuhan, i mezzi “caldi”, concentrati su mezzi specializzati, cedono al “freddo” di mezzi più diffusi e di pronto intervento. Si potrebbe notare, in concomitanza, che la propaganda elettorale, nella presente tornata, evita ugualmente il visivo dei manifesti. Lo indicava una eloquente vignetta di Gianelli, di nuovo sul “Corriere” di qualche giorno fa, dove apparivai una parete dedicata all’affissione dei manifesti, dove ne campeggiava soltanto uno, isolato, spiccante nel vuoto. Il dibattito si è trasferito nei talk show, dove i vari contendenti si misurano con diretta aggressione verbale, o se c’è un rimando, questo viene affidato ai “social”, ugualmente di pronto impatto. Si dirà che i vari twitter, sms, facebooks non evitano certo la scrittura, ma si sa bene che si tratta di scrittura veloce, fatta di brevi appunti, di segni convenzionali, di una sorta di stenografia riveduta e corretta, anticamera di un pronunciamento immediato e appunto di natura orale. Accanto a McLuhan, e facendo un passo più indietro, si potrebbe risalire a un padre ancor più fondativo, a Filippo Tommaso Marinetti, apostolo già agli inizi del secolo scorso di una scrittura che sapesse farsi sempre più veloce e sintetica, sempre a un passo dalla traduzione in emissione acustica. Quando nel 2009 si sono condotte le celebrazioni del centenario dal celebre Manifesto di lancio marinettiano dell’intero movimento, ho lamentato che l’attenzione commemorativa si rivolgesse, al solito, agli aspetti delle arti visive, trascurando il ruolo imponente affidato, dal caposcuola e compagni, a una letteratura abbreviata e pronta a lasciare la pagina e a immettersi nell’audiosfera. In un mio articolo rivolto a commentare questo decisivo mutamento, apparso su “Tuttolibri”, un ignoto redattore titolava “Marinetti al giorno d’oggi si esprimerebbe con sms”. Questo credo che sia il succo di quanto avviene ai nostri giorni, o diciamo meglio, ritornando alla terminologia mcluhaniana, la propaganda politica ha lasciato il caldo posato e riflessivo della pagina scritta per trasferirsi nel freddo tumultuoso di azioni affidate al pieno esercizio di tutti i sensi, purtroppo ciò implica anche episodi di violenza.