Naturalmente siamo pieni di sdegno per le bordate populiste di Salvini e Di Maio, ma il PD dovrebbe essere prudente, non limitarsi a protestare, a contestare. Ci si chiede come mai nel giro di pochi mesi si siano persi circa dieci punti di elettorato, ma le mosse del duo al governo ce lo spiegano in punteggiato. C’era nel popolo una grande preoccupazione per il fenomeno migratorio, e soprattutto per la redistribuzione nel territorio di questi salvati dalle acque, nei cui confronti si è chiuso un occhio, li si è lasciati sciamare fuori dai luoghi di concentrazione, consentendogli di venire a mendicare nelle nostre strade, ne troviamo ormai uno ogni dieci passi che ci tende il berretto. E dunque, c’è nell’aria un sentito bisogno di mettere un freno a questa invasione. Purtroppo gli interventi di Minniti, per quanto intelligenti, non sono sembrati sufficienti. Io stesso avevo anticipato la decisione presa da Salvini contro quella strana fauna di misteriosi e ambigui benefattori dell’umanità, cioè delle navi onlus e di altre istituzioni autonome, che pietosamente vanno a raccogliere i naufraghi. Mi sembra giusto imporre che completino l’opera, che si portino a casa questi salvati in mare. Troppo comodo cavarsela pretendendo di sbarcarli nei nostri porti. Naturalmente per ragioni umanitarie noi dovremmo rifornire queste navi di ogni assistenza, cibo, soccorso medico, nell’affrontare le lunghe rotte per arrivare ai loro porti, ma è giusto che questa clausola del provvedere allo sbarco dei salvati debba entrare nelle regole d’ingaggio. In alternativa, visto che l’esodo di sicuro continuerà, e raggiungerà punte alte proprio in questi mesi, con le condizioni di mare favorevoli, da un lato ci dovrebbe essere un sistema vigile, di droni e altro, per chiamare al recupero di questi gommoni o imbarcazioni precarie le unità della marina libica. L’obiezione è che, ove il recupero sia effettuato da loro, seguirebbe un internamento dei ripescati in centri d’accoglienza simili a spaventosi lager. Ma l’ONU in proposito dovrebbe essere in grado di assicurare una possibilità di controllo. Un buon esempio è quello fornito dalla Turchia, che a fronte di un congruo finanziamento dell’UE blocca i migranti dall’Est. Lo stesso si dovrebbe fare in Libia, senza andare a pensare a soluzioni bizzarre, come sarebbe l’ipotesi di creare questi “hotspot” in Tunisia, o in Egitto, o in Albania. Oppure diano un robusto finanziamento a noi, che potremmo comportarci al modo della Turchia, incrementando i nostri centri di accoglienza, e facendone pure dei centri di integrazione. Cioè gli ospiti, per i quali è vano pensare a un rientro nei loro Paesi di provenienza, che non li vogliono, ne escano ma solo quando ci sia la possibilità di assegnare loro un lavoro, e allora vadano a vivere secondo i requisiti simili ai nostri lavoratori. I sindacati si dovrebbero dare da fare in questo senso, senza accanirsi unicamente nella difesa del lavoro nella grande industria, lasciando invece abbandonati a loro stessi i poveri migranti taglieggiati dai “caporali” nelle campagne del Sud. Una operazione fallita è la pretesa che le varie nazioni dell’UE si prendano una quota di questi rifugiati, ma lasciandoli in questo loro stato ambiguo e incerto. Diversa invece è la cosa se si consegnano a loro quote di lavoratori di cui facciano regolare richiesta. Dappertutto c’è il fenomeno che nei Paesi agiati, come lo sono i nostri, i cittadini non vogliono più fare i lavori umili, manuali, di basso profilo, e dunque si amministri questa mano d’opera, sicuramente a basso prezzo, ma da trattare secondo i crismi della legalità, alla luce del sole. Così si eviterebbero i fenomeni spaventosi dell’ammassarsi di poveri disgraziati a Ventimiglia, o a Bardonecchia, a Chiasso, al Brennero, o sulle rive della Manica, nel tentativo di riuscire a compiere un transito clandestino, Di questo ci viene fatta colpa, di permettere questa emorragia che porta i migranti a premere selvaggiamente ai confini, che è il nostro modo di lavarcene le mani. Se invece diventiamo un centro di redistribuzione programmata, la cosa cambia aspetto, assume ordine, razionalità.
Ma qui siamo all’altra ragione della sconfitta del PD, la latenza dei sindacati, tanto è vero che la sinistra “dura e pura” del LEU non ha ricavato nessun vantaggio dalla nostra debacle, Che cosa hanno fatto i sindacati, a cominciare dalla CGIL, per tutelare il lavoro in nero dei poveri schiavi del Sud, o le attività sottopagate dei giovani portatori di pizze, o impiegati nei call center? Anche qui, il fatto che Di Maio sia intervenuto in primis a loro favore ci mostra in punteggiato un’altra delle ragioni della sconfitta, non aver accolto il grido di dolore proveniente da questa massa giovanile, inducendola così a votare compatta per i Cinque Stelle.