C’è quale timido segno di rivolta contro i diktat imposti dai nuovi monatti a una cittadinanza che vogliono costringere in stato di sottomissione gregaria. L’ottimo vignettista Giannelli, dalle colonne del “Corriere della sera”, qualche giorno fa ha denunciato la “Telepandemia”. Inserendo in un riquadro le sagome di ben dodici virologi d’assalto, quelli che in ogni ora e in ogni rete televisiva ci minacciano di sciagure, rovine, lutti, preparandosi in cuor loro a farci passare in stato di lockdown, o quasi, l’intero Natale, e magari, perché no, gettando un avido sguardo anche verso Pasqua, tanto, finché non arriva il vaccino, per loro non c’è speranza, ma resta evidentemente a minacciarci lo Speranza con la maiuscola. In parallelo c’è pure la telepandemia dei vari conduttori di rubriche, sul tipo della Gruber e della Merlino, all’insegna di “piatto ricco mi ci ficco”, pronte a spalleggiare i virologi di riferimento. Credo che fra tante voci di ripetitori interessati l’unica che si distingua per un certo rigore sia l’Annunziata, che domenica scorsa, intervistando il magno Locatelli, investito, al pari dell’altrettanto magno Arcuri, di poteri eccezionali, le è scappato detto che i loro dati sul contagio sono raccolti “alla carlona”. E l’ha spalleggiata niente meno che il presidente dei Lincei, osservando che poco vale assediarci con dati globali, servono dati analitici, per capire davvero le dinamiche del contagio. Mi pare che in quella stessa trasmissione a Paolo Mieli sia scappata detta una cosa di elementare buon senso, già varie volte detta pure da me, che i tamponi andrebbero fatti nello stesso numero ogni giorno, unico modo per poterne trarre delle statistiche attendibili. Non parliamo poi dell’argomento lugubre e minaccioso fra tutti, il numero giornaliero dei decessi, con l’allegra notizia che in questa funesta contabilità siamo i primi in Europa, e che nel mondo intero ci superano solo l’Iran e il Brasile. Com’è possibile? Intanto, ci dicano quali sono le fasce d’età soggette a questa incredibile mortalità, risulterà che sono in alta percentuale gli ultra-ottantenni. E chi ci dice che la causa delle loro morti sia stato davvero il covid, o non piuttosto un carico di altre malattie a cui la presenza del contagio ha dato appena il tocco finale? Mi pare incredibile che l’opinione pubblica non chieda a gran voce di conoscere i dati statistici delle morti avvenute negli anni passati alle date corrispondenti nel calendario a quelle degli attuali referti. Solo la valutazione di una differenza del genere ci permetterebbe di valutare la reale incidenza del contagio. Ma a patto che chi dà le cifre sia in buona fede e non faccia scivolare nel numero delle vittime del covid i morti per cause naturali, tanto per gonfiare la cifra e incutere timore a noi profani.