L’incontro dei 27 Paesi dell’EU per celebrare il sessantesimo dal Trattato di Roma si è concluso con l’ovvio proponimento di fare qualche passo avanti nel mettere in comune istituzioni e regole. Per quanto mi riguarda, ho insistito fin dall’inizio sullo sbaglio che si è fatto cominciando dalla fine, cioè dall’unione monetaria, invece che tentare di omogeneizzare il più possibile tre grandi pilastri: il sistema pensionistico, quello sanitario e quello scolastico.Mi pare che per questo aspetto ci sia stata una grande responsabilità dei sindacati che a loro volta, per primi, avrebbero dovuto realizzare un’unità tra loro e battersi per questi traguardi. In definitiva, è giusto il giudizio ormai storico che scegliendo la priorità monetaria l’unità è stata gestita da banche e industrie, piuttosto che da esigenze del mondo sociale. E’ però possibile rimediare con pazienza e perseveranza su questa strada, la sola che può consentire ai vari Paesi di continuare a coabitare, e magari tutti alla stessa velocità. Mi pare poi incredibile che in questo momento proprio la situazione italiana non imponga, a noi e agli altri, un’opportunità per marciare verso questi fini di uniformazione. Il nostro attuale maggiore problema è di darci una legge elettorale funzionale, capace di rimediare anche all’enorme follia di aver impedito, per odio verso la persona di Renzi, di addivenire a una soluzione così razionale come quella di abolire il senato. Perché non studiare da vicino i sistemi elettorali delle altre nazioni, alla ricerca di una soluzione quasi statisticamente mediana? Naturalmente, ci si deve rivolgere a Paesi che come noi si reggano su regimi parlamentari e non presidenziali, quindi con esclusione della sola Francia. Ma un check-up in una simile materia, fondamentale per noi, sarebbe utile per tutti. Infatti il rischio dell’ingovernabilità è ormai comune, vi si è dibattuta la Spagna, vi si impegolerà quasi sicuramente la Germania, del resto già abituata da tempo al ricorso a una “grosse koalition”. E sarà quasi sicuramente il destino nostro, non si vede quale partito possa raggiungere la soglia del 40% di consenso elettorale, ammesso che questa soglia per concedere un premio di maggioranza venga mantenuta. A sinistra del Pd, inutile pensare che da quelle zone venga qualche aiuto, i fuoriuscita via via aggraveranno il loro dissenso e rifiuto verso il partito d’origine, alla disperata ricerca di una caratterizzazione, e dunque, inutile deprecare, condannare una eventuale alleanza coi berlusconiani. Temo che questa diverrà l’unica ancora di salvezza, purché a sua volta FI si liberi dell’oltracotante minoranza di Salvini e della Meloni. Niente da fare, dovunque si volga lo sguardio, pare proprio che il futuro anche dei Paesi più avanzati e di matura democrazia stia nella firma di patti di coalizioni, per quanto innaturali questi possano sembrare. Ma intanto, pur consapevoli del male comune, unifichiamo i sistemi elettorali.