Mi viene voglia di erigere una “colonna infame” di manzoniana memoria, ma senza assoluzione dei condannati, che nella fattispecie furono i poveri untorelli ritenuti colpevoli della rovinosa epidemia di quegli anni. In questo caso i nomi, da condannare davvero a loro perpetua ignominia, sarebbero i fautori del no al referendum del 4 dicembre, persone perfettamente in grado di intendere quanto quella riforma fosse davvero funzionale e utile per far uscire il nostro Paese da certe insopportabili strettoie, eppure hanno finto di trovarvi inesistenti limiti e pericoli, mascherando il loro vero fine che era di avversare Renzi, di mandarlo a casa. Nell’elaborare questa lista metterei al primo posto il mentito costituzionalista Zagrebelsky, seguito dalla sinistra Pd dei D’Alema e Bersani e Speranza, con l’aggiunta dei giornalisti del “Fatto quotidiano” Travaglio e Padellaro, e tanti altri a seguire. Il bel risultato è stato, sì, di recare un grave colpo all’odiato Renzi, ma non tale da portarlo a scomparire, mentre il danno fatto all’Italia è grave, irreparabile, ci terremo chissà fino a quando il pessimo sistema bicamerale, palla al piede, inutile avanzo di vecchi tempi e pregiudizi, non condiviso da nessun altro Paese al mondo. Quanto a Renzi, è eccessivo prenderlo alla lettera, come ieri ha preteso l’ex-sindaco di Roma Marino e oggi, sul “Corriere”, Ernesto Galli della Loggia. In fondo, Renzi ha adempiuto a un atto corretto dimettendosi da capo del governo, mentre si leverebbe un coro di inviti a non condurre la seconda parte della promessa, cioè a non abbandonare per sempre l’attività politica. C’è bisogno di lui, l’unico uomo nuovo emerso da qualche anno a questa parte, Caso mai, gli va rivolto l’invito a non avere fretta, a ponderare bene le sue mosse future. Forse gli conviene abbandonarsi a un “queta non movere”, accontentasi di mantenere la segreteria del Pd, dando corda al governo amico di Gentiloni, lasciandogli la dura incombenza della riforma della legge elettorale, senza fretta di andare al voto, e neppure a nuove primarie entro il partito. In fondo, era proprio Renzi a predicare una normalità di esercizio dell’attuale legislatura, a rispettarne i termini naturali, Forse non è avvenuto niente di così irreparabile da dover anticipare scadenze e provvedimenti.