Quei due o tre lettori che leggono le mie cronachette sanno bene quanto io sia contrario all’attuale governo giallo-verde, ma nella specifica questione del negare l’attracco nei nostri porti alle navi non battenti bandiera italiana mi pare che Salvini abbia ragione, io stesso nel mio piccolo avevo già ipotizzato qualcosa del genere. Bisogna distinguere. Se i migranti sono salvati da navi nostre, o che si siano trovate sul posto per caso, è d’obbligo concedere che sbarchino nei nostri porti le persone così salvate dal mare. Ma è giusto mettere un freno per quanto riguarda le navi delle onlus o comunque di organizzazioni private. Non è infondato il sospetto che ci siano collusioni tra loro e gli scafisti, se non di fatto, almeno in senso virtuale, infatti i mercanti di carne umana ora la affidano a gommoni già in partenza a rischio, ben sapendo che dopo poche miglia ci sono i provvidi salvatori ad attendere i naufraghi, e che quindi questi funzionino quasi, per dirla proprio con Salvini, come un servizio di taxi. Bene, se lo vogliono, lo facciano pure, quali ne siano i motivi, se davvero umanitari, o invece appartenenti a una specie di sport di nuovo conio, o per ragioni di interesse, però completino l’opera prevedendo da subito che toccherà a loro portare i salvati in porti sicuri, togliendosi dalla testa la comoda possibilità di sbarcarli a casa nostra. Questo sarebbe anche un modo per cominciare a spartire l’arrivo dei profughi non facendone carico solo al nostro Paese, da cui poi non riescono ad andarsene. Infatti, come ben si sa, è del tutto fallito il criterio di una redistribuzione, a ciascun Paese una quota di immigrati, e anche la pretesa di Salvini di rimandarne la più parte ai Paesi di provenienza è al momento una sparata a vuoto. Mi sembra che si delinei un’impostazione giusta, da recenti dichiarazioni di Macron e Merkel, secondo cui il problema degli sbarchi deve essere assunto in toto dall’Unione europea. In fondo, abbiamo un modello che funziona, dato dal finanziamento accordato alla Turchia, che a quanto pare ha saputo creare dei campi di soggiorno per chi arriva dalla Siria o da altre zone dell’Est. E’ vero che la Turchia può funzionare in questo senso avendo un governo dittatoriale capace di assicurare la realizzazione di questo genere di operazioni. Lo stesso si dovrebbe fare in Libia, ma purtroppo qui non ci sono autorità sicure, vale comunque la pena di tentare, secondo la strada già imboccata da Minniti. Oppure, l’intera Italia potrebbe assume le funzioni che l’UE affida alla Turchia, ricevere cioè un adeguato finanziamento per potenziare la tenuta di centri di accoglienza come si deve, al riparo dalla nostra corruzione, e che non siano dei colabrodo da cui i prigionieri, simili a carcerati, sciamano via per poi andare a premere alle frontiere di Svizzera, Austria, Francia soprattutto, che in definitiva qualche ragione ce l’hanno, a tenere la porta chiusa. Ancora peggio succede da noi, dove i fuggitivi da questi centri assolutamente non accoglienti errano come zombies nelle nostre strade, ne incontriamo uno che chiede l’elemosina ogni cinquanta metri. Di centri di questo tipo, in definitiva, già ne abbiamo, si tratta di organizzarli meglio, e di porre ai loro internati una alternativa, o il rimpatrio, ma sapendo che questa è una soluzione a tempi lunghi, o invece l’assunzione per lavori adeguatamente compensati. In fondo, ci sono tanti lavori che gli Italiani non vogliono più fare, si pensi alla raccolta di pomodori e di frutti nelle campagne del Sud, o alla richiesta di domestiche e di badanti nelle nostre case. Suppongo che uguali esigenze si avvertano in ogni altro Paese d’Europa, e dunque potrebbe partire, dai nostri centri, una emigrazione mirata, con posti di lavoro garantiti. Di fronte a queste prospettive, male fa il mio partito, il PD, a irrigidirsi nella politica dell’accoglienza ad ogni costo, che probabilmente è tra le ragioni principali della caduta di consensi a nostro favore. E c’è da denunciare l’assoluta assenza dei sindacati, che si dovrebbero fare difensori di queste nuove possibilità di lavoro, sottraendo i migranti dalle vergognose condizioni di quasi-schiavismo in cui sono tenuti nel Sud. Tutti ammettono che l’Occidente, in piena crisi di natalità, ha bisogno di nuove forze-lavoro, eccole arrivare sulle nostre sponde, basta organizzarne l’accesso e la redistribuzione.