Nel Domenicale scorso avevo espresso, in buona compagnia con la maggior parte dell’opinione pubblica del mondo occidentale, un apprezzamento positivo circa l’intervento di Trump contro una base militare della Siria. Gli aspetti che lo hanno giustificato sono che la Siria è un Paese da anni spaccato in due, e non compatto a seguito di un regime indiscusso. Quello al potere, per mantenersi, massacra una buona parte della popolazione, anche se non ci fosse la conferm che si sia avvalso davvero di armi chimiche. Questa repressione è sostenuta dalla Russia, senza valide motivazioni che non siano il puro mantenimento di una influenza politica, secondo un comportamento appunto di realpolitik da giudicarsi non in linea con quanto la stessa Russia ha potuto fare nei confronti della Crimea e delle province orientali dell’Ucraina, su cui può vantare qualche rispettabile ragione di presenza a vario titolo. L’intervento di Trump, in sostanza, è stato abbastanza pulito, ha evitato un’invasione per via di terra, e soprattutto ha voluto porre un “fermo” alle mire espansionistiche russe. Invece assai meno giustificato è il comportamento “muscoloso” messo ora in atto nei confronti della Corea del Nord. Risalendo alle radici del problema, ci sarebbe da mettere in discussione perfino la pretesa di alcune potenze, perfette detentrici di poderosi arsenali di armi nucleari, di impedire ad altre di mettersi sulla stessa strada. Il veto sarebbe giustificabile se queste super-potenze accedessero per prime a un programma di de-nuclearizzazione nei loro stessi confronti, ma così, è solo una brutale affermazione di realpolitik circa il diritto di esercitare un direttorio, una sovranità su tante altre potenze che pure sono anch’esse sovrane entro i loro territori. La Corea del Nord sfida questa “legge del più forte”, ma c’è da chiedersi se i suoi missili provvisti di testate nucleari non si fermino a un livello puramente dimostrativo, come è stato fin qui, di lanci che cadono a vuoto, nelle profondità oceaniche, senza raggiungere mete consistenti. Certo che se servizi di intelligence dimostrassero che così non è, che la Corea del Nord avesse ormai raggiunto un livello tale da poter infliggere colpi mortali agli stati vicini, Corea del Sud, Giappone, allora un intervento volto a distruggere questi apparati distruttivi risulterebbe giustificato. Ma i coreani del Nord dovrebbero essere incoscienti, suicidi, a voler portare davvero dei colpi mortali contro altri stati, saprebbero di sottoporsi a ritorsioni massacranti, fino a venire cancellati dalla faccia della terra. E’ insomma come un nido di vespe, che conviene lasciare a uno stato abbastanza innocuo, di insetti che volano attorno, magari emettendo un ronzio spiacevole e irritante, ma da qui a prenderli a randellate ce ne passa, e sarebbe un modo sicuro di portare quello sciame a divenire davvero aggressivo.