Lilli Gruber ha ripreso i suoi appuntamenti serali dell’otto e mezzo sotto il segno di un enorme “heri dicebamus”, come se cioè in questo agosto in cui se ne è stata in vacanza non fosse successo nulla, pronta a richiamare in scena i medesimi “soliti noti”. Tra questi c’è pure Domenico De Masi, che almeno ha il vanto di aver bacchettato, qualche sera fa, i tanti “malpancisti” che anche tra i pensosi opinionisti della sinistra sono capaci di mandar giù la novità del governo giallo-rosso, non ne comprendono l’urgenza, per la necessità di fermare il pericolo Salvini, simile a un minaccioso e incalzante “Hannibal ad portas”. C’è chi addirittura dichiara che meglio sarebbe stato andare a nuove elezioni, che, forse, chissà, non avrebbero avuto l’esito paventato da molti, di un’inevitabile vittoria del Mussolini in sedicesimo. Tra loro, si distingue quella sorta di botolo ringhioso che è il De Amicis, direttore dell’Huffington Post. Contro tutti questi dubbiosi e renitenti, De Masi ha invitato a metterci almeno un po’ di entusiasmo, di calore nel sostenere un passo senza dubbio difficile ma necessario. Però, subito dopo questi suoi opportuni fervorini, Masi è rientrato nella guardia stretta del sinistrismo ufficiale, indirizzando i suoi immancabili strali contro Renzi, colpevole di essersi messo di traverso, quando i bravi Pd si industriavano ad aprire all’alleanza con i Cinque Stelle. Come se un anno fa le condizioni di quel possibile patto non fossero state proibitive, con il Pentastellati portatori del doppio dei nostri parlamentari, e intenti da tanto tempo a rovesciarci addosso tonnellate di merda. Ma appena i rapporti di forza sono mutati, un politico di razza come Renzi ha colto la palla al balzo ed è stato pronto a proclamare che sì, ora il matrimonio si poteva fare. Questa sua abile mossa beninteso non ha calmato l’antirenzismo incallito, che subito si è gettato a cercare il pelo nell’uovo, ovvero le motivazioni astute che non potevano non aver ispirato l’odiato peronaggio. Renzi lo avrebbe fatto solo per prendere tempo, per prepararsi con comodo all’uscita dal Pd con la sua pattuglia di fedeli. O io non capisco nulla di politica, cosa senza dubbio possibile, e si è interrotto quel filo di telepatia a distanza che mi lega al politico toscano, oppure posso far valere la mia opinione, che non ci pensa per nulla ad andarsene, a fare un partitino, sul modello dei Richetti e Calenda, che se ne sono andati per impulsi non raccomandabili, il primo perché frustrato nei suoi desideri di successo, di scalata al potere, il secondo perché prigioniero dell’immagine di fanciullo baciato dalla fortuna, dalle fate, avviate a un superbo destino di gloria. Il fine di Renzi, c’è da giurarlo, sta nel riprendersi la segreteria del Pd quando sarà i il momento buono, attendendo paziente nell’ombra che si riaffacci il suo momento, Se questo non è il suo comportamento, a lui non andrà mai più il mio consenso.