Dichiaro che alle prossime elezioni non voterò per il Pd, a cui sono iscritto dal 2018, da quando cioè quel partito patì alla scorsa tornata elettorale una forte sconfitta. Io sono un bastian contrario, portato a stare sempre dalla parte dei perdenti. Mi ero rassegnato ad accettare la leadership di Enrico Letta, in qualche modo venendo meno allo spirito sopra dichiarato, ma in sostanza si tratta di un burocrate privo di fantasia. La rottura con Calenda era stata da lui annunciata al momento di stringere il patto di alleanza, Letta sapeva ben che non doveva imbarcare gli estremisti che avevano costantemente votato contro Draghi, e perfino contro l‘annessione della Svezia nella Nato. Calenda ha fatto un nobilissimo discorso, intervistato dalla Annunziata, o quanto meno io lo sottoscrivo in pieno, Il Pd, ha detto con ragione Calenda, non ha mai fatto la sua Gotesberg, non ha mai interrotto le seduzioni di un’estrema sinistra. E’ rattristante la campagna di dileggi e sberleffi che ha accompagnato l’accorato diniego di Calenda a un’alleanza, di cui è stata l’altra parte a tradire il patto costitutivo. Ora che accadrà? Il terzo polo c’è da auspicare che possa raggiungere i voti di un Berlusconi sempre più invecchiato e in crisi, Il Pd malgrado tutto potrebbe confermarsi il più forte, la Meloni, se non sbaglio è destinata a calare, in passato ha beneficiato del vantaggi di essere il quasi unico partito fuori dal governo, ma ora credo che sia destinata a calare. I Cinque stelle restano a costituire almeno un dieci %, cui si aggiunge anche la frazione dissidente guidata da Di Maio, Se si sommano tutti questi pezzi, il risultato non è poi molto lontano da quanto totalizza il centro destra, cui certo è stato facile consorziarsi in quanto in definitiva si tratta tutto di frammenti usciti dal ceppo berlusconiano. Andiamo a vedere che cosa succederà, forse la partita non è ancora tutta risolta a favore della destra.