Il caso di Roberto Maroni è evidentemente analogo all’altro già visto di Alessandro Di Battista: nessuno crede alle ragioni private che li avrebbero indotti a un passo indietro nei rispettivi percorsi, si tratta di mosse tattiche per andare alla ricerca di nuove e più fruttuose possibilità. Di Battista, visto che al momento in pole position c’è il concorrente Di Maio, aspetta il suo turno per proporsi a sua volta come leader dei Cinque stelle. Anche per Maroni nessuno ha dubitato che la sua mossa sia volta a rimettersi sulla piazza per qualche incarico più prestigioso rispetto a quello di governatore della Lombardia. Divenire quel candidato premier di cui Berlusconi è alla disperata ricerca? O ottenere un posto nel caso di un governo della destra? Ma beninteso in entrambe le piste Maroni si trova sulla sua strada, forte come un macigno, l’ostilità di Matteo Salvini. Cose ben comprese e denunciate da tutti, per cui questa mia noterella risulterebbe del tutto superflua. Non mi pare però che in merito l’opinione pubblica sia risalita alle radici di questa disputa. Quando la stella di Bossi è tramontataa, sia per il cattivo stato della sua salute sia per i guai finanziari di famiglia, toccava appunto a Maroni prenderne il posto, ma in quel momento lui non ha creduto nelle potenzialità della Lega, l’ha ritenuta incapace di superare un dieci per cento di voti, e allora ha puntato sull’uovo sicuro del momento, rinunciando all’ipotetica gallina del domani, ovvero si è preso il lucroso incarico nella Regione Lombardia, lasciando al disprezzato rivale Salvini un osso che credeva spolpato, la segreteria del partito. Invece, come si è visto, Salvini, con ricorso a un becero populismo di bassa lega, è proprio il caso di dirlo, ha rilanciato, rimpolpato quell’osso, fino a renderlo di nuovo appetibile, ed ecco allora che Maroni ora rivendica una sorta di diritto di primogenitura, abbandonato allora, col vantaggio di essere più moderato rispetto al rivale, e dunque più in linea col moderatismo berlusconiano. Ma, come si diceva, a ostacolare questo furbo percorso sta il macgno Salvini, e non si vede come Maroni riesca a eluderlo, sarà un affascinante duello da seguire nei prossimi tempi.