Mi sembra che la scaletta da me emessa lunedì scorso 5 dicembre, appena conosciuto l’esito del referendum costituzionale, regga abbastanza bene. Che a venire designato premier sia Gentiloni invece di Padovan o Del Rio o Franceschini è appena una variante prevista nello schema. Si potrà dire che a fare la differenza c’è pure il rifiuto di Belusconi di entrare in un governo, però mi chiedo come riuscirà a mettere il becco nella riforma della legge elettorale, senza pagare dazio assicurando un qualche grado di partecipazione. Diversamente, solo che la maggioranza risulti autosufficiente, sarà costretto a subire la legge che salterà fuori. C’è poi la stupida sconsideratezza di Leghisti e Pentastellati con la loro querula pretesa di andare subito al voto, senza che prima ci si sia provvisti del giusto strumento elettorale. Quanto a Renzi, la scaletta che lo riguarda sembra abbastanza fausta: al più presto, questo sì, non c’è da attendere nessuna riforma elettorale, Il Pd andrà alla sua assemblea, da cui Renzi dovrebbe essere rieletto leader del partito, non si vede chi dalla sinistra possa sbarrargli la strada, e neanche come si possa restringere il criterio dell’accesso al voto, riportandolo nello spazio protetto e asfittico dei soli iscritti ufficiali al Partito, che sono sempre meno e di numero insignificante. Per cui, alla fine, risulterà che il vero danno all’Italia lo hanno prodotto i milioni di votanti del no, che sono riusciti a mandare a casa l’odiato Renzi solo per alcuni mesi, mentre hanno inflitto al nostro Paese un danno che si propagherà per decenni. Bel risultato di cui essere fieri.