Mi pare che ormai si diffonda la consapevolezza di quanto sia stato errato cedere ai privati certe infrastrutture fondamentali alla vita economica del nostro, come di qualsiasi altro Paese. Il caso presente ovviamente è quello dell’ILVA, ma si aggiunge pure quello dell’Alitalia, e forse anche di Autostrade. E’ riusonato in queste ore un ammonimento del Presidente Boccia di Confindustria, non si possono obbligare le aziende private a mantenere dipendenti quando il mercato va male, il che è sacrosanto, i privati non possono diventare benefattori lavorando in perdita, ma proprio in questi casi deve intervenire la comunità nazionalizzando, questo è un tratto fondamentale che caratterizza la sinistra dalla destra. E dunque, inutile insistere per far recedere Arcelor Mittal dall’intento di uscita, hanno ragione quanti osservano che la mancata proroga di uno scudo protettivo è solo un pretesto, la vera ragione è che quella ditta per mantenere l’impegno vorrebbe poter licenziare la metà degli operai. Inutile andare per le vie legali, si perderebbero anni, di fronte a una situazione che invece chiede interventi urgenti. E allora, via a qualche forma di nazionalizzazione, magari attraverso la Cdp, o anche con formule di mezzadria, tra lo Stato e qualche privato, come si tenta di fare anche per Alitalia. Non si capisce perché la UE avrebbe posto il divieto a ricorrere ad aiuti di stato, Forse che la sua costituzione è fondata su un liberismo a oltranza, forse è una norma suggerita da un liberista della più bell’acqua come il nostro Giavazzi? Se uno Stato comunitario impiega i suoi soldi per sanare una industria fondamentale, purché rispetti le norme di deficit globale, come glielo si può impedire? E perché si interviene su questo aspetto, mentre si lascia libertà su certi fattori capaci di squilibrare, di creare la differenza, adottando criteri disparati per quanto riguarda l’età del pensionamento, la sanità, la scuola?
Però i guai relativi al nodo ILVA sono due, la conduzione, che deve essere effettuata malgrado tutto a un regime di piena occupazione, ma c’è pure la questione ambientale. Si sente dire che altrove, presso acciaierie di altre nazioni, il problema è stato risolto, prendendo provvedimenti per cui quegli impianti non sono più nocivi. Ma se interventi così salutari non esistono, restano due vie, o spostare l’impianto in un terreno innocuo, o applicare questa ricetta alle abitazioni circostanti, demolendo i quartieri posti in vicinanza delle acciaierie e trasferendo altrove gli abitanti. Ovviamente sono soluzioni onerose, ma non siamo alla ricerca di occasioni di lavoro, soprattutto per il Sud? E non sono questi proprio gli interventi per una politica green, ambientalista, che dovrebbero consentire alla UE di chiudere un occhio sui conti dei membri, concedendo sforamenti’ In ogni caso penso che da evitare sia la politica della decrescita felice, come sarebbe eliminare gli alti forni e sostituirli con un bel parco verde con tanti animaletti scorazzanti.