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Caliceti: un gremito scartafaccio

Ricevo con grande piacere uno scartafaccio di circa 200 cartelle da Giuseppe Caliceti, che mi fu compagno in una stagione indimenticabile, quella di RicercaRE, a Reggio Emilia, instaurata dal 1993 e durata per circa un decennio, fertile di irisultati. Caliceti, ben insediata nella vita culturale di quella città, ebbe il potere, assieme a un socio più anziano, Ivano Burani, di convincere il Comune a riprendere la prestigiosa formula di cui si era valso il Gruppo 63, invitare alcuni autori di testi innovativi e sperimentali a venire a leggerne brani inediti per sottoporli al giudizio immediato di una tribuna di critici e di compagni di via. Fu la modalità che tanto io quanto Nanni Balestrini stavamo cercando per rilanciare proprio le fortune del Gruppo 63, allo scadere di un trentennio dalla sua partenza. Caliceti poté assicurare il rinnovarsi di quell’appuntamento non solo in quanto operatore culturale della città, ma lui stesso scrittore in proprio, membro di una formazione non a caso detta Gruppo 93, in cui un brillante gruppo di poeti venivano riconosciuti come validi continuatori dei Novissimi, a detta dello stesso fondatore di quella fortunata cinquina, Alfredo Giuliani. I nuovi reclutati riprendevano l’attività dei fratelli maggiori anche nella capacità di passare agilmente dalla poesia alla prosa. Infatti lo stesso Caliceti se ne uscì con delle prove assai stimolanti in narrativa, come una indimenticabile “Fonderia Italghisa”. Poi, di nuovo ci fu un fermo, un imporsi di fasi di silenzio, su quei fervidi lavori in corso. Ma ora appunto ecco la ripresa, quasi alla maniera del “Deserto dei Tartari”, capolavoro di Dino Buzzati, all’orizzonte spuntano forze nuove, che poi nel nostro caso sono testi, scritture avanzanti baldanzose, alla ricerca di riconoscimento, di successo. Se qualcosa è avvenuto nel frattempo, si potrebbe parlare di una progressiva cancellazione dei confini tra prosa e poesia, il che potrebbe costituire addirittura il tratto caratterizzante la nuova serie di incontri, che dal 2009 avvengono a Bologna col titolo di RicercaBO, sulla falsariga di quelli precedenti. E dunque Caliceti diviene interlocutore privilegiato di queste nuove assise. Non per nulla ho definito “scartafaccio” quanto mi ha fatto avere per via telematica, basti pensare a certi titoli del tutto significativi del numero uno di ogni sperimentazione del secondo Novecento, Edoardo Sanguineti, coi suoi “Wirrwarr”, “Stracciafoglio”, “Scartabello”. Aggiungiamo pure le nozioni di “pot pourri”, “olla porrida” e simili. Perché stare ad applicare una esosa e superata spartizione di generi? I dati, esistenziali e sociali, individuali e collettivi si sommano, si accatastano, si aggrovigliano liberamente. Del resto, non è che pretenda di essere più selettivo il titolo stesso dato a questo brogliaccio, di “Canti” con un precedente addirittura più illustre, rispetto a quello di Sanguineti, infatti come non pensare ai “Cantos” di Pound? Una simile varietà di intenti, dimensioni, andature emerge perfino da un esame ottico di questo ammasso in apparenza informe e inarticolato. Si succedono versetti, come di litanie, di canzoni popolari, o invece blocchi più sostanziosi e compatti di prosa discorsiva. In merito, vale la pena di ricordare che uno dei migliori esiti di RicercaBO è stato proprio il ponte gettato tra i due tradizionali generi della letteratura attraverso la cosiddetta “Prosa in prosa” lanciata da uno dei più assidui frequentatori degli incontri bolognesi, Marco Giovenale, in cui si esprime proprio una quasi disperata volontà di testa-coda, di portare l’un campo a invadere l’altro. Si aggiunga che tra i migliori esiti di questa sperimentazione seconda (o terza, se nel conto mettiamo anche la fase del ’63), ci stanno le “Nughette” proposte da Leonardo Canella, che è ancora un modo di ricorrere all’”understatement”, non si prenda innalzi troppo, madama la letteratura, non monti in superbia, ma al contrario voli basso. Semmai, si può parlare di una diversità di confezione, quasi alla maniera secondo cui oggi si vendono le merci, in formazioni minuscole o in pacchetti. Infatti le Nughette di Canella sono come delle registrazioni-lampo dal fiume della vita, come delle fiammelle di cerini che si accendono, delle lucciole di breve esistenza, laddove Caliceti procede con passo lungo, associando, assemblando, come un fiume in piena che trascina con sé scorie, carogne, corpi pregiati o vili e degradati. Oppure può valere pure un riscontro con l’atletica delle corse, che da sempre conosce solo il variare tra corse brevi, i cento menti, e invece quelle di fondo, fino alla maratona, come intendono essere proprio questi “Canti emiliani”.

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