Arte

Batoni ha la schiena dritta

Mi pare di aver letto da qualche parte che Lucca celebra con qualche dipinto un suo figlio, Pompeo Batoni (1708-1787). La cosa merita un commento in quanto con questo artista si chiude una situazione che ci aveva dato tanto lustro in Europa, quella che si compendia nel termine di barocchetto, dove a dire il vero  il diminutivo ci sta male, dato che al contrario è una piena, esuberante dimostrazione di barocco, una specie di girandola finale prima di spegnersi. Ci fu allora un susseguirsi di grandi nomi, in una specie di staffetta dove, come è proprio in quel tipo di sport, si tengono gli esponenti più forti per le tappe finali. Vogliamo elencarli in ordine cronologico? Apre la sfilata Luca Giordano, che nasce addirittura prima della metà del Seicento, poi vengono a ruota il Solimena, il Giaquinto, infine i due pesi massimi, i due Giambattista, Piazzetta e Tiepolo. Ma poi appunto arriva il Batoni che esorta a raddrizzare le schiene, basta con gli attorcimenti, le circonvoluzioni ingegnose. I personaggi, che sono gentiluomini, nobili o alto-borghesi, è come se avessero ingoiato una bacchetta che li fa ergere in quasi perfetta verticale, da soli, se si tratta di ritratti monografici, o con personaggi che li affiancano, ma attenti a occupare poco spazio, o appunto ad allinearsi. In tal modo noi apriamo alla stagione del neoclassico nel modo migliore e più efficace, anche per la lunga esistenza di cui gode il Batoni, Magari, nel nome di quella medesima mossa strategica del raddrizzare le schiene, potremmo anche menzionare uno dei figli del Tiepolo, quel Giandomenico che volge le spalle alle rotte seguite dal genitore,  proponendoci pure lui delle figure dritte come fusi, e anche con la peculiarità di guardare altrove, cosa in cui il Batoni non lo segue. E ci sarebbe anche da considerare il caso del Ceruti, dando la prevalenza a motivi stilistici su fattori sociali, dato che il Pitocchetto, come dice il nomignolo attribuitogli, trattava personaggi ultimi nella scala sociale, appartenenti addirittura al quarto stato, Ma la strategia degli stili è più forte dei motivi sociologici, e provoca alleanze impensate, proprio come questa tra il Batoni e il Pitocchetto: Naturalmente ci sarebbe da esaminare l’abbondante produzione del Batoni, ma troveremmo dovunque gli stessi caratteri, quel culto delle verticali, proprio per spegnere i moti curvilinei così cari alla stagione precedente. E dunque, anche in vista del neoclassico e dei suoi trionfi noi abbiamo avuto delle valide carte da giocare, in concorrenza con i Francesi, e in attesa che arrivassero a rendere quel culto sempre più pieno e manifesto il Canova e l’Appiani.

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