Letteratura

Asor Rosa e Conrad, come venir meno a tutte le regole del mestiere

Dunque, il magno Alberto Asor Rosa si è occupato di Joseph Conrad, ovviamente da par suo. la sua eccellenza lo ha dispensato da certi obblighi che i modesti colleghi si sentono in obbligo di rispettare. Tra questi, il sottoscritto, autore di un saggio dedicato all’autore polacco, in cui mi sono sentito in obbligo di spiegare tante cose, a cominciare dal perché me ne sono occupato, ed era per averlo tralasciato in un studio dedicato ai grandi narratori europei del primo Novecento, da Proust a Joyce e compagni. Ma se per loro valeva un riferimento a filosofi come Bergson e Husserl, con invito a chinarsi sul flusso di esperienze anche banali, per Conrad bisognava cambiare i termini, invocare la presenza di Heidegger e del suo essere per la vita, o per la morte. Da qui una vocazione che spingeva Conrad a non farsi testimone di fatti minimi, bensì di azioni forti e risolute. Infatti il mio saggio si intitolava proprio alla “Narrativa dei capitani coraggiosi”, una squadra capeggiata da Conrad, seguito a ruota da Malraux, Saint-Exupéry, Hemingway, Malaparte. Naturalmente un grande come Asor può disdegnare obblighi del genere, e neppure menzionare una nullità come me, in base al detto dantesco “non ti curar (di lui) ma guarda e passa”, oppure coprendosi con l’altra massima secondo cui “praetor non curat de minimis”, Tanto, in ogni caso, plaudenti pagine di recensione gli sono assicurate a priori, sulla stampa che conta, magari con l’ottica che poi alla prima occasione si restituisce il favore al recensore benevolo ed esultante. Invece, io con chi potrei realizzare un favore di scambio, data la mia inesistenza? Ma continuando a elencare gli obblighi omessi dal nostro critico, ci sarebbe pure quello di accennare all’intera produzione dello scrittore polacco. Invece il nostro superman si ferma solo davanti a tre romanzi, ma il bello è che sono in piena contraddizione tra loro. Uno di questi è ovviamente l’ineliminabile “Cuore di tenebra”, che è davvero la manifestazione dell’eroe virile, come suona il sottotitolo del saggio asoriano, Kurz è un vero dominatore, sfacciato colonialista, pronto a fare strame dei poveri indigeni, magari a decapitarli e a erigere con le loro teste mozzate un’orrida palizzata. Ma gli altri due, i capitani della “Linea d’ombra” e di “Tifone”? Sono tutto il contrario, onesti marinai, scrupolosi, di basso profilo, pedanti e noiosi, e certo non saccheggiatori dispotici, ma al contrario cercano di applicare sulle rispettive navi dei criteri di equità, perfino in linea coi nostri attuali requisiti di fair play verso le minoranze etniche. Uno dei due cerca di tutelare l’equipaggio dalla mancanza di chinino, che uno sfacciato predecessore ha venduto alla borsa nera. L’altro sa imporre il criterio di una equa spartizione dei denari che ciascuno dei coolies, dei poveri lavoratori rientranti a domicilio, ha visto con strazio uscir fuori dai rispettivi bagagli e rotolare sul fondo del bastimento. Insomma, due casi di virilità, ma ben temperata e “compos sui”, dei due capitani di nave, ben lontani invece dalla condotta spudorata dell’eroe negativo Kurz, Ma che importa? Tanto, nonostante ogni eventuale difetto e mancanza, il successo del nostro Asor è garantito a priori da una folla plaudente, mentre io non posso che associarmi a certi miei tristi eroi, come Saragat, Craxi, Renzi, nel dichiararmi vittima di un destino cinico e baro,
Alberto Asor Rosa, L’eroe virile. Saggio su Joseph Conrad, Einaudi, pp. 109. Euro 15.

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