Sono di nuovo in presenza di una narrazione stravagante, in senso letterale, che sarei tentato di liquidare con un risoluto “pollice verso” secondo il metro che addotto nell’”Immaginazione”, ma sull’orlo del rifiuto mi ricredo, cerco di trovarvi aspetti positivi, se non altro per reagire al troppo vasto main-stream dei romanzi scritti “bene”, secondo le buone regole attuali del mestiere, come per esempio l’ultimo uscito a firma Piperno, “Di chi la colpa”. Qui invece tutto è aberrante, a cominciare dal titolo, che corrisponde addirittura a un verbo all’infinito, “tramontare”, che è anche il modo insolito di chiamare la protagonista. D’altra parte il verbo del declino, dello scomparire gradualmente, si addice a questa storia, di dolori, nequizie domestiche, torti e colpe di genitori, anche se in famiglia c’è una sorella che scompare tropo presto, ma che merita un culto come fosse una santa, degna di erigerle statue in memoria. Del resto, la vicenda, quasi non è percorribile con qualche ordine, è tutta una serie di miserie, di patimenti, sia fisici che psichici, e ci sono pure di salti cronologici. A un certo punto non sappiamo bene con chi abbiamo a che fare, chi parla, nella storia, e in quale fase ci troviamo, in questo processo inarrestabile di “tramontare”. Come si vede, tanti interrogativi, tanti ostacoli a una lettura che pretenda di andare nel senso giusto, ma è poi questo che vogliamo? Non siamo stanchi di romanzi scritti “tropo bene”, con tutte le funzioni al loro posto? Non è più interessante un po’ di sabotaggio, di “rompete le righe e fate il grande polverone?” Questo l’interrogativo con cui chiudo questa ricognizione senza dubbio posta per intero nel segno del dubbio e dell’incertezza.
Andrea Gentile, Tramontare, Minimum fax, pp. 211, euro 16.