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Altamira

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Altamira

Ricevo, su mia richiesta, un recente volume di Adriano Altamira (1947) il cui titolo è già molto eloquente. E’ in un latino facile, Quidquid latet apparebit, in cui mi pare poter consistere una possibile definizione di quel movimento così difficile  da definire ma tipico del ’68  detto del concettuale, discendente più che altro dalla proscrizione dell’atto del dipingere, per cui gli artisti dovevano frugare nelle loro meningi per trovare possibili associazioni, nessi, rapporti tra le cose, ma senza rappresentarle, evocandole più che altro con l’aiuto delle foto o di brevi schizzi assai poco validi di per se stessi. Altamira è stato un tipico protagonista di tutto quel clima, in cui ha giocato soprattutto di associazioni, di rassomiglianze tra fatti e cose magari tra loro distanti o irrelati, ma tra cui al contrari egli sapeva trovare un filo di rassomiglianza capace di associarli, fossero profili anatomici di persone o oggetti inanimati, magari di frequente e banale uso domestico, Una specie di ideologia della coppia o della trilogia, perseguita dovunque e per tutte le vie. Passando appunto da dettagli anatomici di copi umani o da ammucchiate di oggetti in apparenza insignificanti,  come potrebbero essere le mollette che usiamo per tenete assieme mazzi di carte. L’opuscolo è articolato in paragrafi intelligenti che insistono su questo clima di felici accoppiamenti.   Leggo per esempio I due alter ego,  e Considerazioni,  caso, associazioni, che sono un po’ la quintessenza di tutta questa poetica e di questo  modo di procedere, cui Altamira, se non sbaglio, è stato fedele negli anni e quindi costituisce un testimone prezioso di tutto quel clima, mai da lui smentito.

Adriano Altamira, Quidqud  latet apparenit, Corraini, ppp. 106. Euro 20.

 

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