Lella Di Marco, vigile custode della memoria del marito Roberto, scomparso da poco, mi ha fatto scivolare nelle mani un “romanzo” di Vladimiro Albertazzi, “Battiti per minuto”, autore che non ho mai incontrato, con cui ho avuto scolo uno scambio attraverso lo strumento disincarnato dell’email. Però questo scritto mi ha convinto, al punto che avevo chiesto all’autore se, oltre a quanto appena pubblicato, avesse qualche pagina inedita nel cassetto con cui partecipare al prossimo Ricercabo, previsto il 9 e 10 dicembre. Ma la risposta è stata negativa, Albertazzi si è “scaricato”, per il momento, in questo smilzo volumetto, anche perché è sua caratteristica procedere in misura parca, asciutta, senza strafare, questo al contrario di tanti suoi colleghi più titolati che riversano sul tavolo dei recensori tomi voluminosi. Il genere però è comune, siamo per lo più di fronte a una autonarrazione, anche se lo scrittore, come vuole un po’ di deontologia professionale, maschera nomi e luoghi della vicenda, che in questo caso ci viene narrata in modo molto pulito, in una cronaca fedele, “per minuto”, come recita il titolo stesso dell’opera. E finisce proprio per essere un aspetto a vantaggio di Albertazzi il rinunciare a false o quanto meno pretestuose complicazioni di trama. Se penso alle prove recenti di campioni di una autonarrazione, almeno in partenza, come l’Albinati del Premio Strega, o la Vinci del Campiello, li vediamo cedere alla tentazione che si potrebbe intitolare al nome di Giamburrasca e del suo Giornalino. Come si sa, all’atto di inaugurarlo, preso dal timore di non sapere bene che cosa metterci, il “Pierino il terribile” va a copiare pagine e pagine rubandole dai diari delle sorelle maggiori, inevitabilmente falsi, estranei alla sua genuina natura, che invece è quanto attendiamo avidamente da lui. Albinati è andato a inserire, in una cronaca altrimenti esemplare, il malloppo incongruo del Delitto del Circeo, la Vinci ha trascritto lugubri testimonianze da un luogo dell’orrore, un manicomio situato in una lontana isola greca. Invece ho lodato, poco fa, Grazia Verasani proprio perché ha resistito a questa nociva tentazione, raccontandoci dei rapporti con un’amica del cuore in modi puliti e diretti. Albertazzi va ancora più a fondo su questa strada, forse costretto dal fatto stesso che il suo eroe si sarebbe dovuto chiamare Costantino, ma per brevità all’anagrafe hanno lasciato cadere l’ultima parte, e dunque si chiama solo Costan. La stessa abbreviazione colpisce, sull’onda, tutti i fatti spiccioli della sua giornata. Si aggiunga la circostanza complementare che si tratta di un single, che dunque si deve preparare al mattino il suo parco breakfast, come pure i pasti, se non li consuma in trattoria. Ci sono i familiari, ma non danno molto fastidio, se ne stanno prudentemente nelle retrovie, anche se ricalcano, questo sì, una casistica prevedibile. C’è una moglie Anna da cui si è separato ma mantenendo con lei “buone relazioni”, come anche con un figlio, che lo raggiunge attraverso telefonate di mutua ancorché impacciata assistenza e collaborazione. Ma direi che conta soprattutto il diario dei viaggi in autobus, con la giaculatoria delle fermate, e la registrazione dei vari compagni che incontra, ciascuno col suo nome o nomignolo, e le relative qualifiche, fisionomie, regole comportamentali. Ne viene di conseguenza la possibilità di costituire di un albo dei buoni e dei cattivi, dei simpatici e degli antipatici. Questi incontri, per quanto affidati al filo della casualità, permettono anche di inserire qualche tratto di trama, come quando uno di questi viaggiatori, un malmesso Superciucc, non si fa più vedere per qualche giorno, e dunque i suoi involontari colleghi di trasferta aprono un’indagine di sapore poliziesco per cercare di sapere che cosa gli è capitato. Del resto, proprio grazie alla logica dei soprannomi, questa folla di frequentatori del mezzo pubblico si trasforma in una serie di esseri mitici, provvisti di intitolazioni quasi di sapore omerico, per cui abbiamo un Giorgio il Castigamatti, un Mario l’Equilibrista, uno definito come “quello col loden”. E ci sono anche le donne, con una di queste il protagonista intreccia un legame erotico, ma non ha alcun imbarazzo ad ammettere che con lei fa cilecca, laddove i suoi concorrenti nel frequentare il medesimo filone in genere si vantano di tanti successi a letto, esibiscono una sfilata di conquiste. Naturalmente, dopo l’autobus, viene il lavoro, cui Costan adempie in qualità di medico in un struttura pubblica, da cui nuovi incontri pur sempre nel segno della pulizia e nitidezza di rapporti con infermiere, pazienti, superiori. Poi, il nastro si svolge alla rovescio, accompagnando l’eroe nel rientro a casa, fino alle varie operazioni per conciliarsi, o meno, il sonno. Non molto, se si vuole, ma appunto nel segno della onestà, evitando con cura le complicazioni e gli inserimenti indebiti.
Vladimiro Albertazzi, Battiti per minuto, Pendragon, pp. 133, euro 14.