Attualità

Dom. 2-7-17 (Erdogan)

In queste ore è tornato drammaticamente incombente il problema degli sbarchi degli emigranti dalla Libia. In proposito si può osservare quanto segue:
– è giusta la risoluzione che il nostro governo sembra disposto ad assumere di costringere le navi non battenti bandiera nostra, o comunque da noi non autorizzate, a far sbarcare il loro nucleo di migranti salvati dalle acque nei porti dei loro Paesi. Si dirà che a ciò osta la legge internazionale secondo cui i salvati dalle acque hanno il diritto di essere condotti nei porti più prossimi, ma ora siamo in presenza di una situazione di totale emergenza, e dunque ritengo che il nostro Paese si possa assumere il diritto di non rispettare una legge prevista per l’ordinario;
– non ci si appelli alla possibilità di distinguere tra migranti per fuggire da guerre e dittature e invece quanti sarebbero mossi da ragioni economiche, fame, mancanza di lavoro. Distinzione quasi impossibile da poter essere condotta. Delude la proclamazione presa in tal senso da Macron, che fa sospettare che il suo successo sia solo un fuoco di paglia, col rischio di afflosciarsi in breve;
– ugualmente insostenibile è la pretesa che, dopo la discriminazione tra le due categorie, i profughi per cosiddette ragioni economiche vengano rimpatriati. Dove stanno le loro patrie, chi sarebbe disponibile a riprenderseli? Certo, la via regia è di stringere patti, e interventi economici, coi Paesi da cui questi disperati provengono, ma per attuare una politica del genere ci vogliono decenni:
– qualcosa di positivo è pure avvenuto, i Paesi dell’Europa centrale, in quanto interessati, hanno saputo chiudere la rotta dall’Est, attraverso la Turchia, accordandosi col dittatore Erdogan che ha predisposto un campo ben organizzato, a spese EU, dei profughi da Siria e da altre zone dell’Est. Perché non fare qualcosa di analogo in Libia? A proposito, qual è l’attuale situazione politica, le due capitali, di Tripoli e di Tobruk, si sono accordate? E’ possibile ipotizzare la creazione di un grande campo profughi, sotto il controllo dell’ONU, nelle zone da cui partono gli scafisti? Sarebbe un cuscinetto per impedire di intraprendere la rotta del mare, così disastrosa, in attesa di due soluzioni, un rimpatrio nei luoghi d’origine, appena possibile, oppure una immigrazione verso di noi, ma secondo quantitativi sotto controllo, nella misura che l’Occidente senta il bisogno di assumere forze lavoro di cui si avverte la mancanza. Inutile contrapporre lo spettro della nostra disoccupazione giovanile, ci sono lavori che i nostri giovani rifiutano, e dunque è necessario che vengano dati a extracomunitari;
– qualcosa del genere si potrebbe fare in Italia, organizzare cioè, a spese EU, qualche campo di accoglienza ben strutturato, non simile a un lager, evitando il trasferimento e la dispersione di questi soggetti nelle diverse parti del nostro Paese, e anche ponendo fine alla chimerica pretesa che gli immigrati vengano presi in giuste quote da altri stati dell’EU. Anche in questo caso si tratterebbe di apprestare zone ben attrezzate di parcheggio, per un deflusso da effettuarsi sotto controllo nei due sensi indicati sopra. Oggi, si sa, gli sventurati fuggono dai centri-colabrodo in cui si pretende di racchiuderli, si disperdono nel Paese, o vanno a premere alle frontiere con tristi fenomeni di rigetto.

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