Da un brillante e autorevole opinionista del “Corriere della sera”, Angelo Panebianco, mi divide la rispettiva collocazione politica, lui sostenitore del centro-destra, io del centro-sinistra, seppure, entrambi, senza fanatismo. Il che forse permette che talora ci si possa incontrare in qualche comune referto. Per esempio, quanto da lui scritto sul “Corriere” di venerdì 28 aprile scorso, dedicato ai “Lamenti dell’Italia immobile”, mi ha trovato del tutto concorde, e perfino divertito. L’articolista è partito dalla presa d’atto delle continue professioni di esterofilia che vengono da tutta la nostra classe politica, ma individuando in esse un sostanziale spirito di conservazione, quasi nel senso gattopardesco, del voler cambiare tutto, ma solo in apparenza e col fine occulto che nulla cambi davvero. Credo che siamo concordi che una massiccia dimostrazione di questo tenace misoneismo dei nostri politici trovi il suo bersaglio in Renzi, cui prima di tutto non si perdona lo slancio per tentare di cambiare le cose. Questo suo spirito innovativo è stato “punito” nel referendum del dicembre scorso, al di là delle pretestuose tesi addotte di voler difendere la costituzione, e cose simili. Un banco di prova di questa esterofilia, ma sempre praticata a uso interno, e sempre con l’intento di “fermare” il Renzi che suona la sveglia, ci è stato offerto dalle recenti presidenziali francesi, dove tutti i nostri commentatori si sono sbracciati a dire che Macron è altra cosa, che non lo si può paragonare al nostro ex-premier, o che comunque quest’ultimo risulterebbe inferiore a un confronto. Mentre è evidente, non può sfuggire a nessuno che proprio la marcia verso il potere spavaldamente intrapresa dal Nostro, partendo quasi dal nulla, ha fornito il modello seguito molto da vicino dal collega francese. Del resto, a contestare i giudizi prevenuti dei nostri abituali frequentatori dei salotti televisivis ci ha pensato, ospite della Gruber, un politologo francese, che appunto ha confermato come proprio il modello Renzi sia stato la molla e la guida del percorso di Macron. Naturalmente i nostri esterofili hanno messo in ombra un fattore che, al confronto, risulterebbe del tutto favorevole al politico di casa nostra, che cioè lui, nell’ascesa al potere, non ha affatto distrutto il Pd, mentre Macron ha dovuto saltarne fuori. Come pure si è taciuto su un aspetto, questo sì tale da dimostrare una maggiore maturità democratica dei nostri cugini. Poco dopo l’esito delle votazioni abbiamo avuto subito le dichiarazioni magnanime del soccombente Fillon a nome della destra, e di Hamon, il socialista sconfitto, che hanno esortato i loro seguaci a concentrare i voti del ballottaggio su Macron, in nome dei valori della repubblica e della democrazia. Quando dall’estero viene un esempio davvero virtuoso, dalle nostre parti ci si guarderebbe bene dal seguirlo. In una situazione analoga, per esempio di un Renzi in ballottaggio con una forza avversa, poniamo contro i Cinque Stelle o contro Berlusconi and Company, a suo favore nessuno dai fronti avversi inviterebbe il proprio elettorato a convergere su di lui, in nome di valori comuni superiori alle divisioni partitiche. Oppure no, anche in Francia un comportamento del genere, qualunquista, populista, che poi sono la stessa cosa, c’è stato, ed è venuto da Melenchon, il candidato dell’estrema sinistra, che non si è espresso e non ha rivolto nessun invito in tal senso al proprio elettorato. Nulla da fare, gli esponenti di una sinistra postcomunista, paleomarxista, non hanno per nulla a cuore la difesa della legalità democratica, meglio gli antisemitismi, gli atteggiamenti di chiusura della Le Pen, in definitiva meno temibili. Quello che conta, anche in Francia, è bloccare l’”en marche” di Macron, allo stesso modo che qui da noi si devono mettere i bastoni tra le ruote all’innovativo Renzi. Purtroppo tra poche ore sentiremo parlare di una sua sostanziale bocciatura alle primarie perché, di sicuro, saranno andati a votare in molti meno rispetto a precedenti occasioni. Ma quel tipo di referendum è pur sempre una prova sportiva, che non attira la partecipazione quando l’esito è già chiaro in partenza e non c’è contesa. E poi, chi è il colpevole di aver scelto il giorno meno adatto, obbligando i votanti a spezzare il sacro rito del “ponte” e della connessa corsa al mare?