Siamo tutti intenti a chiederci con quale Donald Trump abbiamo a che fare, se in giorni pari o dispari, se in versione accettabile o invece malefica, esecrabile. Non c’è dubbio che il buon senso internazionale ha approvato la mossa “cattiva” di un Trump decisionista, che rompe gli indugi, riesce a scagliare dei missili con perfetta coordinazione mentre nello tesso tempo intrattiene a colloquio e a cena un ospite eccellente come il presidente della Cina. Possono avere ragione i portavoce del Cremlino che quei lanci sono stati gratuiti. Magari, ancora una volta, gli attacchi siriani con armi chimiche proibite non si sono stati, e i contrattacchi statunitensi hanno avuto esiti modesti, ma l’atto simbolico di deterrenza ci voleva, e su questo aspetto il detestato Trump si è preso una rivincita sul predecessore Obama, che invece aveva esitato, trattenuto da un’opinione pubblica interna ed esterna. L’immagine del presidente Assad è ingannevole, si presenta in perfetta dimensione civile, anche per quella sua figura slanciata, con la testa a bomba, nulla in lui sa di ferocia e di sadismo, a differenza del suo rivale Erdogan, che invece ha la tipica grinta aggressiva del dittatore. Ma Assad, se non l’ultimo, ha già ordito tanti massacri, si tiene abbarbicato al potere costi quel che costi. Forse non c’è modo di schiodarlo da quella sua posizione, forse ci vorrebbe una incursione dei servizi speciali USA per farlo fuori, alla stessa maniera con cui hanno proceduto nei confronti di Bin Laden, ma in quel caso l’oggetto dell’attacco era ormai divenuto innocuo e indifeso, e il reprimerlo, e in quel modo barbaro e incivile, corrispondeva a una pura operazione di facciata. Purtroppo però a sostenere il malefico Assad ci si è messo con forte impegno Putin, senza alcuna giustificazione che non sia quella di una pura e cinica realpolitik. Invece, è capitato anche a me di dirlo, il presidente russo aveva buone ragioni da rivendicare quando si è trattato della Crimea e delle province orientali dell’Ucraina, regioni russofone tali da richiedere da parte dell’Occidente non ostilità, muro contro muro, bensì pazienti e concessive trattative diplomatiche. Ma l’appoggio alla Siria non ha alcuna giustificazione se non di brutale rapporto di forza, e dunque è stato più che giusto che la massima potenza dell’Occidente ci mettesse un “fermino”, magari di portata più simbolica che effettiva. E’ stato, per dirla con la Saga della Compagnia dell’Anello, un Ritorno del Re, gli altri Paesi dell’Occidente, Unione Eiuropea in testa, lo hanno riconosciuto e applaudito.
Tornando invece a qualche uscita “no” del nordamericano Amleto, è da giudicare inutile la sua campagna volta a difendere il mercato statunitense dall’invasione di prodotti esteri con l’imposizione di filtri doganali. O meglio, un provvedimento del genere è inutile e anzi nocivo se rivolto a bloccare prodotti nati altrove, ma da classi operaie suppergiù costose quanto quella degli USA. Ovviamente, se i mercati d’oltre Oceano venissero chiusi alle nostre esportazioni, noi europei saremmo pronti a procedere allo stesso modo, e la partita si concluderebbe alla pari, ma impostata su un triste esito di limitazioni reciproche. Invece mi era già capitato di pronunciare un sì per il Trump rivendicatore della necessità di porre dazi a limitare il rientro di prodotti che magari le stesse aziende statunitensi vanno a fabbricare in Messico sfruttando il ben più basso costo del lavoro da quelle parti. E naturalmente il discorso vale in primis nei confronti del formichiere cinese, fatto di tanti alacri confezionatori di merci clonate e sotto costo. Allo stesso modo è nostro diritto imporre dazi per impedire che le nostre ditte vadano a produrre in paesi a più basso costo della mano d’opera per poi portarci queste merci in casa, così da mandare in rovina chi produce presso di noi dovendo sostenere gli alti costi della nostra classe operaia. Come ho già detto più volte, questa è una frontiera su cui i sindacati dovrebbero vigilare fermamente, invece di incattivirsi contro il Jobs Act. Ma sappiamo bene che a questa ostilità sono trascinati per difendere e ripristinare il collateralismo col partito della sinistra, messo in crisi dagli interventi dell’odiato Renzi. Tutto si fa, dalla Camusso e compagni, per liberarsi di questo improvviso rivale comparso in scena.