Ho già lamentato più volte la vana chiacchiera dei nostri salotti televisivi, pronti a far piovere sul bagnato, ma del tutto elusivi su alcuni massimi temi. Come per esempio quello dell’ondata speculativa che ha investito le nostre banche facendone scendere paurosamente le quotazioni in Borsa, per una evidente ondata speculativa. Come questa si è prodotta, nel presente caso e nei tanti altri da cui siamo stati colpiti? Confesso che non credendo a me stesso, sono andato a consultare la Treccani pratica di cui oggi disponiamo, cioè Google, e ho avuto conferma che esiste tuttora una procedura incredibile, vergognosa, ripugnante. Google stesso, nell’indicarla, non si esime dal commento che si tratta di qualcosa di eticamente riprovevole. Si tratta della possibilità di vendere “allo scoperto” titoli che non si possiedono, così provocandone un forte ribasso, e poi ricomprandoli per pagare il debito, ma dovendo pagare un prezzo ben inferiore rispetto a quanto lucrato, portando a casa i valori esistenti prima del crollo. Da tempo si accusa una simile iniquità, ma non si ha il coraggio di eliminarla, se non in casi estremi. Per esempio, lo si è vietato a difesa dei titoli del Monte dei Paschi di Siena, data la loro pessima situazione, ma evidentemente questa stessa parziale limitazione sta a confermare che in tutti gli altri casi il procedimento è ammesso. E dunque, questa è la vera ragione del crollo di Unicredit e simili, avvenuto nei giorni scorsi. Ma allora, perché non denunciare “allo scoperto” una simile pratica iniqua, e tentare di porvi rimedio, con una intesa che purtroppo dovrebbe essere di portata mondiale, in ragione cioè della tante volte proclamata e riconosciuta globalizzazione? Diversamente, se la vendita “allo scoperto” fosse vietata solo sui mercati europei, o peggio ancora sul nostro nazionale, nessuno potrebbe impedire che rimanesse in vigore nelle Borse degli altri Paesi del mondo.