Un tema del giorno potrebbe essere l’intervista che Carlo De Benedetti ha rilasciato al “Corriere della sera”, ieri, 9 luglio, però nel segno dell’ambiguità. Vi agita come un “mantra” il fenomeno della globalizzazione, da cui fa saltar fuori tutto, nel bene e nel male, ma in sostanza senza guardarlo da vicino e senza proporre rimedi. Per esempio, nel mio piccolo, nella mia insignificanza, avevo già sostenuto una campagna sull’”Unità”, nella sua vita precedente, prima che in quella odierna venissi ristretto nella pur benvenuta pagina dell’arte, avevo sostenuto che la Comunità europea doveva assolutamente imporre delle barriere doganali tali da scoraggiare i nostri industriali a portare le loro fabbriche nei Paesi dove la mano d’opera costa assai meno che da noi, per poi introdurle senza “pagar dazio”, e così mandando a rotoli la nostra produzione. Questa mi sembra una battaglia assolutamente inevitabile, e un magnate come De Benedetti potrebbe farsene sostenitore, invece che riempirsi la bocca col vocabolo sicuramente rotondo e altisonante della globalizzazione A meno che lui stesso con qualche sua azienda non sia interessato a questo andare a produrre all’estero in luoghi vantaggiosi. Questa, duole dirlo, è forse la ragione di fondo che ha spinto i nostri sventurati connazionali a recarsi a Dacca e a trovarvi la morte, in quel modo orrido “che ancor ci offende”, ma assai probabilmente erano là per far produrre a una mano d’opera a buon mercato le preziose stoffe da rivendere poi presso di noi con introiti del tutto vantaggiosi. Mettiamoci in testa che il terrorismo, pur reazione vile, condannabile, è d’altronde la modalità con cui chi è vittima di oppressioni, soprusi, ingiustizie secolari reagisce per le vie brevi, e dunque, dietro queste azioni ci sono sempre colpe ataviche di noi Occidentali.
Un altro tema di attualità è fornito dalla questione banche e loro sofferenze. Mi chiedo come e perché l’Unione europea abbia fatto una assurda opzione a favore del privatismo, contro gli aiuti di stato. Forse, senza che io me ne sia accorto, è stato assunto in posizione chiave dai mentori di Bruxelles Francesco Giavazzi, l’instancabile predicatore, dalle colonne del “Corriere”, secondo cui tutto quanto viene dallo stato è male, e invece è bene quanto riguarda la sfera del privato. Perché i governi non dovrebbero intervenire a sostegno delle loro rispettive banche, come del resto di tanti altri fondamentali sevizi pubblici? L’unica condizione da rispettare sarebbe che non si forino i parametri tra debito e Pil, ma dentro di essi ogni governo dovrebbe avere totale libertà di mosse.
Le ambiguità insite nell’intervento di De Benedetti riguardano anche il suo atteggiamento verso Renzi, è il momento di non poter procedere con i se e i ma, sul referendum si deve votare sì, come dice Napolitano, così conquistandosi un titolo in più di padre della patria. Quanto alla legge elettorale, l’esempio della Spagna, dell’Austria, forse tra poco anche della Francia ci dovrebbe insegnare che il ballottaggio è l’unica via per evitare la necessità di ricorrere a grosse o piccole coalizioni, destinate a impantanarsi e a risultare ingestibili.