Di nuovo mi avvalgo della sempre da me dichiarata affinità tra narratologia e critica cinematografica per dire bene di un ennesimo film italiano, pur dal titolo improbabile, “Lo chiamavano Jeeg Robot”, del regista Gabriele Mainetti, oltretutto presentato come appartenente al genere della fantascienza o dello “horror”. Così è, in termini letterali, ma quelle male piante vengono innestate su un fertile terreno italico, romanesco per la precisione, così da farne un gustoso prodotto degno di una “festa de noantri”, al modo di quanto era già avvenuto con “Suburra” di Stefano Sollima, da me ugualmente apprezzato. Beninteso sono evidenti i furti dal massimo Tarantino, ma l’arte, la cultura in genere vivono di citazioni e recuperi, nulla di male purché il trapianto avvenga in modo appropriato e intelligente. Qui si parte da un povero diseredato, un triste “senza famiglia” che vive di piccoli furti, ai margini con la malavita, ben rappresentato dalla dura maschera di Claudio Santamaria, pronto a sfidare Scamarcio. Inseguito dagli sbirri, il protagonista si rifugia tuffandosi nel Tevere, dove inala i flussi mefitici emananti da strani bidoni che hanno il potere di mutargli il codice genetico facendo di lui uno Spider man o un Uomo mascherato, e qui sta appunto la manifesta derivazione dai fumetti, con la medesima caratteristica di non sapere, in un primo momento, di aver acquisito il dono di una immunità totale. Precipitato da un alto edificio, dopo un intontimento provvisorio il nostro eroe si risolleva più forte di prima, mentre i colpi d’arma di fuoco gli si rimarginano senza bisogno di cure particolari. Continuando nel suo spirito di triste solitudine, egli disprezza dapprima la figlia disabile di un compagno di delinquenza rimasto vittima di uno dei suoi crimini, ma poco alla volta viene da lei sedotto, avviato a partecipare a una vita sentimentale, pur non rinunciando a farla vittima di uno stupro brutale. L’enorme forza muscolare così acquisita per via taumaturgica viene da lui inizialmente adibita al latrocinio, come lo svellere uno sportello di bancomat, ma poi egli la devia verso le buone cause. Come un novello King Kong ingrange la porta di un autobus in cui la tenera preda si era rifugiata, ma soprattutto ingaggia una lotta spietata con una banda di malviventi antagonisti che vogliono strappare alla fanciulla il segreto di un carico di droga che ritengono esserle stato lasciato in eredità dal padre. Una felice invenzione del film è di suscitare contro questo “burbero benefico” o “eroe involontario” un suo uguale e contrario. Infatti il capo di una banda avversaria, ben interpretato da un mefistofelico Luca Marinelli, finisce per bere anche lui la medesima pozione misteriosa, e dunque riceve a sua volta il dono dell’immunità. Da quel momento si scatena una lotta senza esclusione di colpi tra il paladino del bene e l’esponente del male allo stato puro, con un rapido trasmutare di scenari, sempre all’insegna del grandguignol compiaciutamene eccessivo, alla maniera di Tarantino. Inoltre Mainetti ruba anche da un repertorio ben acquisito il tema dell’attentato che qualche maniaco o vendicatore tenta di portare in uno stadio colmo di pubblico. La battaglia tra i due personaggi fumettistici si svolge, forse un po’ troppo allungata ed eccessiva, allo stadio olimpico e sulle rive del Tevere, dove alla fine entrambi precipitano trascinandosi dietro la carica esplosiva, che alla fine scoppia senza far danno in acqua. Forse, già che c’era, il regista poteva dotarla di un più ampio zampillo. Come succede in questi casi, quando due mitici combattenti precipitano, coinvolti in un abbraccio mortale, c’è un momento di suspense, ma poi il bene trionfa, infatti dalle torbide acque del Tevere balza fuori la testa del “cattivo”, orrido lacerto, e dunque ha vinto l’eroe positivo, come lo stesso protagonista dice di se stesso affacciandosi sul panorama di Roma. Ma un tributo estremo al male è stato pagato, infatti la tenera fanciulla (l’attrice Ilenia Pastorelli), non insignita del dono dell’immunità, è stata raggiunta da un fatale colpo d’arma da fuoco, morendo tra le braccia di Jeeg Robot, e così riscattandolo del tutto alle leggi dell’amore.