Attualità

Domenicale 8-5-16

Il problema dei problemi è pur sempre quello, di proporzioni epocali, della migrazione di popoli dal Sud verso il Nord. Purtroppo in questo dramma i due fronti del suo svolgimento non sono equipollenti, Quello che avviene da Siria, Iraq, Afganista per via di terra e attraverso la Turchia può trovare in questa una tappa di accoglimento, quasi un lazzaretto, e così è stato, i Paesi dell’EUR bene hanno fatto ad assicurare alla Turchia un congruo finanziamento perché trattenga le masse in fuga su quel versante della carta geografica. Si potrà osservare con qualche amarezza la disuguaglianza di comportamenti, un’Europa a prevalente conduzione centro-nordica ha trascurato le richieste di aiuto proveniente da Italia e Grecia, mentre si è subito mossa non appena si è sentita minacciata dalla rotta balcanica correndo ai ripari. E’ insomma latente un certo disprezzo per il versante mediterraneo dell’unione europea, che si considera fatto di parenti poveri e straccioni, su cui è lecito nutrire diffidenza. In effetti, diciamo la verità, noi siamo stati e siamo perfetti nel salvataggio in mare di chi parte dalle coste libiche e si mette nelle mani criminali degli scafisti, e dunque Lampedusa e Lesbo meritano davvero, come si suggerisce, di ricevere il Premio Nobel per la pace. Ma i nostri campi di accoglienza sono volutamente dei colabrodo. Qualche giorno fa ne ho sentito un responsabile confessare bellamente che la gran parte delle donne ospiti di questi campi di concentramento se ne va per darsi alla prostituzione, i maschi evadono e tentano le rotte del Nord, il che può provocare qualche legittimo lamento da parte dell’Austria e della Francia con la tentazione di bloccarli al Brennero e a Ventimiglia. Noi siamo un Paese OK per il salvataggio, ma non certo per la residenza e la ricerca di lavoro. Ma allora, potremmo noi stessi proporci per un ruolo simile alla Turchia. La comunità europea finanzi, con la medesima abbondanza, dei centri di accoglimento e di contenimento “comme il faut” presso di noi, da cui si potrebbe uscire solo attraverso filtri controllati e razionali. Si dimentichi però, nel nostro caso, la risibile formula della rimpatrio di chi non avrebbe titolo per essere accolto. I nostri clienti vengono da Paesi del Centro Africa assolutamente indisponibili a riprenderseli, come invece potrebbe accadere nel caso della soluzione turca. In definitiva, la guerra sia in Siria che nelle altre zone del Medio Oriente dovrà pure finire, e dunque parecchie persone potrebbero desiderare di rientrare in patria, accettando quindi di essere parcheggiate, in modi confortevoli, nel suolo turco, senza pretendere di stanziarsi in Germania e in altri paesi del Nord Europa.
Ritornando al nostro settore travagliato, ho emesso più volte la richiesta di sapere se qualcosa è cambiato, se sono in atto respingimenti per cui la migrazione via mare si sia attenuata. Infatti non ci pervengono più bollettini drammatici di centinaia di vittime per naufragi. La soluzione ideale sarebbe di istituire in Libia qualcosa di analogo a quanto fatto in Turchia, cioè una enclave che trattenga le folle provenienti dal Sud Africa, ma purtroppo perché una soluzione del genere sia possibile bisogna attendere la pacificazione del Paese africano, che si accordi con l’Europa nello stabilire un’area protetta di rifugio dei migranti, magari con una cintura protettiva stabilita con la collaborazione di nostri soldati. Ma sono ipotesi per un futuro non si sa quando possibile.
Quanto poi a intervenire a monte, cioè nei Paesi africani da cui proviene la maggior parte dei migranti, al momento là non si trovano le condizioni utili, però questa potrebbe essere una sfida di portata a lungo termine, anche per la nostra economia. Inutile illudersi, ormai siamo condannati a un PIL che cresce a coefficienti da “prefisso telefonico”, e a una disoccupazione giovanile irrimediabile. L’avanzata dell’automazione robotica e informatica è destinata ad accrescere appunto gli indici di disoccupazione, e allora si deve puntare a una “fuga” non solo di cervelli ma anche di mano d’opera che le nostre aziende, anche dello stato, dovrebbero pianificare, andando a creare fabbriche nei Paesi africani del sottosviluppo, fornendo occasioni di lavoro, qualificato e allettante per la nostra gente, tale per i nativi da offrire loro finalmente una possibilità di sussistenza, evitando l’esodo verso le zone ricche del pianeta. Le ingenti risorse minerarie delle terre d’Africa ora degradate potrebbero essere sfruttate sul posto per avviare programmi di produzione di merci alla portata di quelle popolazioni. Credo che questa sia l’unica soluzione possibile nei tempi lunghi del nostro secolo.

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