Le bandiere di Buren
Daneil Buren continua imperterrito per la sua strada, che raccoglie in sé il molto che è mancato alla Francia, il minimalismo, il poverismo, la performance, il tutto affidato a quel suo modulo fisso che però riesce ad applicare ogni volta in condizioni mutate, il che vale a dargli originalità. Questa volta, a Pisa, invece che affidare le sue solide sbarre a quale parete, le affida a un tripudio di bandiere, tutte della stessa grandezza, ma ricoperte da tutti i colori dell’iride, e quindi in sostanza ce la fa una volta di più a rinnovarsi, pur confermando una vecchia pelle cui non vuole rinunciare per nessuna ragione, invece che pareti solide, qui abbiamo tele flesse e pieghevoli, però sottomesse al medesimo rito che ben conosciamo. Una volta di più Buren resta fedele a se stesso ma riesce anche a rinnovarsi, un miracolo vivente, che compensa le tante mancanze presenti nelle vicende dell’arte contemporanea francese.
Le bandiere di Buren
Daneil Buren continua imperterrito per la sua strada, che raccoglie in sé il molto che è mancato alla Francia, il minimalismo, il poverismo, la performance, il tutto affidato a quel suo modulo fisso che però riesce ad applicare ogni volta in condizioni mutate, il che vale a dargli originalità. Questa volta, a Pisa, invece che affidare le sue solide sbarre a quale parete, le affida a un tripudio di bandiere, tutte della stessa grandezza, ma ricoperte da tutti i colori dell’iride, e quindi in sostanza ce la fa una volta di più a rinnovarsi, pur confermando una vecchia pelle cui non vuole rinunciare per nessuna ragione, invece che pareti solide, qui abbiamo tele flesse e pieghevoli, però sottomesse al medesimo rito che ben conosciamo. Una volta di più Buren resta fedele a se stesso ma riesce anche a rinnovarsi, un miracolo vivente, che compensa le tante mancanze presenti nelle vicende dell’arte contemporanea francese.