Ceroli a Palazzo Citterio
Finalmente la Grande Brera è stata realizzata, dopo decenni di attesa. Si può ben dire che per realizzare questo sogno sono morti di fatica e di attesa ben due soprintendenti, Franco Russoli e Carlo Bertelli. Io ho visto quel luogo quando era un sotterraneo rozzo, con al centro una caduta d’acqua, ma proprio così era un luogo suggestivo dove, quando riuscivo ad andarci, vedevo e recensivo mostre suggestive. Ora che quella aggiunta è finita non ho più gambe per visitarla, la sbircio dalle immagini che vedo su google. In questo momento vi è una mostra di Mario Ceroli dove finalmente l’artista romano pone fine alla sua duplicità. Apparteneva alla sfera Pop, e dunque avrebbe dovuto fornire immagini dotate di qualche eleganza, seppure di massa, invece come è ben noto insisteva in una sua modalità di vecchio artigianato, basata su assi o sagome ricavate direttamente dal legno, con qualche contraddizione tra i due aspetti. Il che non avveniva in Pascali, in quanto egli usava davvero prodotti di massa, bacinelle per contenitori di liquidi che diventavano nella sua immaginazione un mare in miniatura, o spazzoloni che prendevano la valenza di enormi bruchi. C’era anche Marotta, che aveva il coraggio di valersi davvero di prodotti usciti dalla tecnologia del tempo, ma non so perché, ebbe sempre l’ostilità di Calvesi. In questa mostra Ceroli lascia cadere la componente Pop e affronta il legno a colpi di ascia, con effetto volutamente brutale, tanto da rasentare un tardivo ma efficace effetto poverista, che era difficile concedergli in precedenza, dato che contrastava con l’eleganza seppure popolare dei profili. Ora evidentemente il poverismo è superato, ma resta comunque un forte effetto ambientalista a contrassegnare questi dieci pezzi nella loro brutalità così evidente ed eloquente.
Mario Ceroli, La forza di sognare. Milano, Palazzo Citterio, fino al 23 marzo.