Clemente a Roma
Il Palaexpo di Roma dedica una mostra a Francesco Clemente con un titolo senza dubbio corretto, definendolo Anima nomade, il che senza dubbio l’artista è stato se si ricordano i suoi multipli soggiorni a Roma, Napoili, New York, India, portandosi dietro una virtù eccellente nell’autoritratto, che ci ha sfornato in una infinità di modi, ma sempre in maniera eccellente. Lo stesso si può dire anche per altri artisti, penso per esempio al mio amato Ontani, anche lui sempre pronto a imporre il suo profilo, ma su corpi ogni volta diversi. Mentre al contrari Clemente diluisce i suoi tratti in contesti allargati raggiungendo gradi di eccellenza, sia che li serva in bianco e nero o in una pletora di colori, e anche sdoppiandoli, moltiplicandoli. Col che forse egli si conferma il numero uno tra i Transavanguardisti, che però sono in perdita di rilevanza, anche se il conformismo dell’opinione pubblica li mantiene a galla, il che vale anche nei confronti dei precedenti Poveristi, mentre io mi sono sempre sforzato di mostrare che accanto a questi c’era dell’altro, fra cui con ruolo prioritario i miei amati Ontani e Salvo. Non per nulla li ho messi tra i Protagonisti, nel mio recente libello, mentre non ho concesso tanto onore ad alcuno dei Transavanguardisti, che ora mi sembrano in declino, si salva Enzo Cucchi col suo autentico brutalismo, mentre Paladino ha rinunciato alla sua eccellente tavolozza per darsi a una scultura praticata talora in modi convenzionali. Fra l’altro i Transavanguardisti si trascinano dietro il caso di Nicola De Maria, mentre io ho avuto il coraggio di dividere i Nuovi-nuovi tra iconici e aniconici, ovvero astratti. Ma tornando a Clemente, certo egli è sempre in forma quando ci dà i suoi lineamenti, in mille modi, o in bianco e nero, o sdoppiati in grappoli, mentre appare generico e indeterminato quando tenta effetti decorativi di lungo raggio.
Francesco Clemente, Anima nomade, Roma, Palaexpo, fino al 30 marzo