L’ultimo Veronesi
Non mi pare che Veronesi, con il suo recente Settembre nero, abbia aggiunto qualcosa di particolarmente valido al suo brillante curriculum che gli ha dato, fra l’altro, ben due premi Strega, credo caso unico nei nostri annali. Intanto il titolo che sembra voler evocare il funesto dramma dell’Olimpoiade tedesca in cui i palestinesi in rivolta presero in ostaggio e poi uccisero un gran numero di atleti israeliani. Protagonista qui è Gigio Bellandi, ottimo personaggio finché è un ragazzino, fiero dei suoi genitori, e soprattutto di un padre giudice di carriera, amante del mare, che gli dà i rudimenti di quell’arte, Il tutto infatti si svolge a Vinci, senza nessun riferimento a Leonardo, e a Fiumetto, affacciati sul mare. Direi che le cose più rilevanti del romanzo sono in primo luogo l’abitudine del ragazzino di trascinarsi sotto le cabine della piccola ,località balneare per darci un attento resoconto del ciarpame che vi trova, anche con l’occasione di spiare i movimenti degli adulti che occupano a turno quegli spazi, in particolare l’amata madre che manovra un cannocchiale con cui fissa qualcuno o qualcosa, inserendo una nota di dramma o di pericolo. Ma il vero motore della vicenda è l’amore adolescenziale che lega il protagonista a una sua coetanea che porta un nome favoloso, Astel. Più normale il rapporto con la sorella di lui, Gilda, mentre azzeccato ed efficace appare il resoconto su un parente, lo zio Giotti, sfibrato da lunghi anni di prigionia nella seconda guerra mondiale, che a sfida de carcerieri e del poco cibo che gli davano ne lasciva sempre qualche boccone nel piatto. Ricordo che anche nella mia infanzia ci era stato insegnato che era elegante fare altrettanto, Un brutto giorno viene ucciso il padre di Astel e i sospetti cadono sulla moglie di lui, che avrebbe un alibi di ferro per sottrarsi all’accusa, ma non lo vuole sbandierare per non mettere nei guai una persona amica. Le regole del giallo, che a questo punto rispettiamo, obbliga anche noi a non fare il nome di questo testimone fondamentale, che però alla fine si decide a confessare il rapporto extra-coniugale che lo legava a quella donna. Mi limiterò a dire che questa confessione manda a rotoli la famiglia del protagonista, obbligandola a espatriare. L’altro elemento notevole è la scomparsa di Astel che il nostro eroe non riesce più a ritrovare, il che ci ricorda qualcosa di analogo da cui è caratterizzata pure l’ultima opera narrativa di Pupi Avati, Alquanto stucchevoli e fin troppo normali i resoconti delle carriere sia dello stesso protagonista sia dell’amata sorella Gilda, in cui Veronesi sembra cadere nel conformismo di situazioni fin troppo normali e positive.
Sandro Veronesi, Settembre nero, La nave di Teseo, pp. 297, euro 20.