Mari, Locus desperatus
Mi resta da esaminare l’ultima opera della cinquina del Camoielo, il Locus desperatus di Michele Mari, ma mi sembra opera troppo sofisticata per poter piacere a un pubblico che dovrebbe essere non troppo preparato come quello del Campiello, ammesso che il ricorso a questa giuria popolare sia davvero autentico e non manipolato a distanza. II titolo più appropriato sarebbe stato
L’orgia del doppio, questa infatti la vera condizione del protagonista, che giunge a costruire un appartamento sotto il suo per così dire normale per darsi appunto a questa esistenza di sdoppiamenti, di fughe da se stesso, di disperate ricerche di nuove condizioni di vita e di status intellettuale, che sono i meccanismi che Mari frequenta a mio avviso con troppa insistenza. Io gli riconosco solo una prova soddisfacente, la Leggenda privata del 2017 dove narra in modo abbastanza diretto la sua infanzia e adolescenza avvenute all’ombra di genitori troppo intellettuali per poter essere sopportati. Invece Mari di solito preferisce tuffarsi in queste vicende multiple, piene dii riferimenti dotti a capolavori del passato, sorprendendoci con svolte inopinate e sbalestranti. Forse un’opera del genere sarebbe stata più adatta al pubblico dello Strega, ammesso e non concesso che tra l’uno e l’altro ci sia davvero una differenza di sostanza. In definitiva questo romanzo costituisce un ottimo test per vedere le reazioni di lettori che non dovrebbero essere troppo preparati a svolte troppo concettose.
Miche Mari, Locus desperatus Einaudi, pp. 131, euro 18.
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