Attualità

Ottonieri, magio folletto

Cinema di sortilegi

MI meraviglia molto che qualcuno, tra gli amici dello Strega, abbia avuto il coraggio di segnalare il volumetto di Tommaso Ottonieri tra i concorrenti alla cinquina. Tommaso è per sua profonda e mai smentita natura quanto ci può essere di più dissonante da un esito di prosa nomale. Il titolo di questa sua raccolta Cinema non deve trarre in inganno, niente da fare in rapporto con qualche mezzo odierno di fedele riporto del vero, che poi sarebbe semmai di natura elettronica. E se poi, sempre nel titolo, si parla di sortilegi, ma anche questi stanno in giochi straordinari e fuori del comune col vocabolario, niente da fare con un territorio di magie che potrebbero essere favorevoli a qualche narrativa abbastanza naturale. Per il Nostro vale una massima che troviamo  subito, a p. 12, “dis- ssentire ovunque dalle cose”, seguito dall’impegno di “verbigerare”. Del resto il nostro Ottonieri è di una ferrea costanza nella sua determinazione a manifestata fin dalle prime uscite, affidate alle “Memorie di un piccolo ipertrofico”, edite nel 1980 e che inaugurata una fase seconda  o terza delle avanguardie. Lo scopritore senza dubbio è stato Sanguineti, che così si è riscattato dal suo ruolo non decisivo quando con l’aiuto di Balestrini ho inaugurato il RiccercaRE, che era proprio la terza fase dello sperimentalismo, affidata ai figli del vento, ossia dei media telematici e a tutti i sortilegi di cui risultavano capaci.  Ottonieri con  i suoi colleghi di avventura via via incontrati, per i quali  il nostro Giuliani era pronto a forgiare l’epiteto  di Novissimi degni egli anni ’90, dove i poeti dominavano, seguiti poi dalla ricca serie di prosatori che Balestrini e e io avremmo raccolto nei felici incontri reggiani di RicercaRE. Ma Ottonieri era sempre alla mia attenzione, tanto che organizzai un cimento fra lui e il Pemio Nobelk Brodski al Suor Orsola Benincasa di Napoli. E ho pure condiviso la sua rinuncia al cognome paterno, di quel Mario Pomilio, che pure aveva rappresentato degnamente un’onda di narrativa partenopea abbastanza conformista del secondo dopoguerra, che io avevo frequentato con parecchi dubbi ed esitazioni  trovando una sola eccezione in  Domenico Rea, prosatore per eccellenza, quindi  nulla da spartire con quell’eretico e sconvolgente che per sé si era scelto un nome degno del suo ruolo di apripista, e io, subito dopo Sanguneti, ero un fedele testimone della sua priorità e importanza. Fino a invitarlo a un incontro col premio Nobel Brotowski, in un duello avvenuto al Suor Orsola Benincasa di Napoli. Per massimo di coerenza il Nostro aveva ripudiato il cognome di famiglia, quel Pomilio del padre che lo avrebbe riportato a una comunità di narratori partenopei del secondo dopoguerra, ma di taglia alquanto conformista, tranne ilm caso dominante di Domenico Rea, che però era un narratore allo stato puro, quindi niente da fare col nostro intrepido folletto intento fin dalla prima ora a tramare la sua serie di mirabili sortilegi verbali, aprendo la strada all’intero gruppo della schiera di Poeti Nuovi, prefati da un Alfredo Giuliani che attraverso di loro si sentiva ringiovanire. Ma sia io che Nanni Baletrini in quell’occasione preferimmo dare la precedenza ai giovani narratori, da cui la preziosa esperienza di RicercaRE. Ma Ottonieri era sempre là nel ruolo di apripista, a svolgere il suo ”cinema di sortilegi”, abbastanza negato ai ritmi più lenti e normalizzanti della parola, come conferma con la sua intrepida coerenza anche con quest’ultima prova, dove non ci può certo ingannare l’apparente normalità dele righe che solcano le pagine del libro. Ognuna di esse costituisce un terremoto, fa oscillare ogni possibile certezza e solidità statica. Tutto è mobile, come sotto l’effetto di un terremoto permanente.

Tommaso Ottonieri, Cinema di sortilegi, La vita felice, pp. 146, euro 15

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