Cézanne e Renoir
E’ giusto celebrare i due secoli e mezzo dalla nascita ufficiale dell’Impressionismo. Fissata, come avviene per tutte le date ufficiali, in modi convenzionali, all’esposizione dell’Impression. Soleil levant di Monel, esposta proprio nel 1874 a Parigi nello studio di Nadar. Lo fa a Milano il Palazzo Reale, ma c’è da chiedersi perché proprio far cadere la scelta su quei due. Non sono andato a consultare la bibbia del movimento, cioè gli studi del Rewald, quindi ignoro se tra i due ci fosse un particolare rapporto d’amicizia. D’altra parte vincoli del genere spesso prescindono da affinità stilistiche tra i portatori di questi sentimenti, sappiamo per esempio di una intensa vicinanza tra Monet stesso e Caillebotte, anche se quest’ultimo può essere considerato un realista degno, per venire a tempi a noi più vicini, di un Edward Hopper. Renoir certo era tipicamente impressionista, anche se come tutti i membri del gruppo via via aveva cercato di assumere toni più personali. Monet si era tuffato nello sfacelo delle ninfee, Renoir dal canto suo era andato arrotondando la visione, quasi gonfiandola di umori. Ma Cézanne in tutto il suo percorso è sempre stato un’altra cosa, per lui era più importante piantare tralicci sui terreno a cui appendere brandelli minimi di materia, quai ombre di loro stesse. Io sono cresciuto quando, nell’immediato dopoguerra, si metteva in dubbio che l’Impressionismo fosse proprio all’origine dell’arte contemporanea, non si concedeva per esempio che fosse esistito un impressionismo astratto, a differenza dell’ espressionismo astratto, formula vincente per Pollock e compagni. Ma poi era venuta la riabilitazione proprio dell’impressionismo, ma negli aspetti più legati a un sensibilismo epidermico, col trionfo delle Ninfee di Monet, che uno studioso o manager di mostre come Goldin ci ha proposto in dosi eccessive. Proprio esaminando i capolavori dei due artisti esposti in questa occasione si precisano le due linee, quasi incomunicanti, quella di Cézanne che quasi deprime i dati sensoriali o li sottopone a tutte le prove di rimodellazione plastica, mentre l’altro fa n modo che il sensibilismo trionfi nei volti, nelle sagome delle persone, gonfiandole come fossero morbidi canotti da riempire d’aria. Insomma, due volti difficilmente comunicanti, quello di Cézanne apre la strada a tutte le ristrutturazioni plastiche del Novecento, mentre l’altro si lascia cullare beatamente sull’onda dei flutti, come un bagnante compiaciuto di quanto lo circonda e gli accarezza il corpo in tutti i suoi aspetti, ma senza andare oltre.
Milano, Palazzo Reale, a cura di C. Girardou e S. Zuffi.