Felicissimo Giani
Il bicentenario dalla morte di Felice Giani (1723-1823) è stato festeggiato, con un felice gioco sul nome proprio dell’artista, Felicissimo Giani, nel sotterraneo di Palazzo Bentivoglio, a Bologna. A dire il vero sia questo sia qualsiasi altro spazio museale non sono proprio “felici” per il nostro Giani, in quanto egli era più adatto a coprire pareti o soffitti di dimore nobili, il che lo distingueva da altri neoclassici e caso mai lo faceva apparire come un erede del barocchetto o del rococò, salvo la tematica, che era di impronta senza dubbio neoclassica. Io l’ho accostato a quel gruppo di innovatori sul tipo di Fuseli, Blake, David, Canova, che peraltro non praticavano l’affresco, ma in loro vedevi gli annunciatori di un romanticismo vero e proprio, non di quello falso, in realtà un realismo oleografico, di Hayez e compagni. Ma l’abilità nell’affresco lo poteva far sembrare un campione tardivo del barocchetto o del rococò, se non fosse stato per il carattere quasi serpentiforme delle sue figure pronte ad assottigliarsi, e soprattutto ad assumere una favolosa tavolozza fondata sui complementari, gialli limone vicini a violetti, rossi arancio e blu elettrici. Il tutto tanto da fare di lui già un campione dell’arte contemporanea, che però, data l’ambiguità di questo termine e la sua confusone con la modernità, io preferisco intitolare a un postmoderno arretrato negli anni, e dominato d a primi presentimenti di elettromagnetismo. A distinguere Giani dai suoi coetanei era anche una “felicissima” tavolozza fondata sui complementari, certi gialli limone contrapposti ai violetti, i rossi arancio ai blu oltremarini. E soprattutto, un gusto per la decorazione, certo poco condiviso con i suoi coetanei, ma una nota in più per rendere la sua arte appunto felicissima e gradevolissima.
Felice Giani, Bologna, Palazzo Bentivoglio, fino al 25 gennaio.