Ho già detto del “tradimento” che ho operato nei confronti di Bersani e di Cuperlo, cui pure era andato il mio voto contro Renzi in occasione delle rispettive primarie, e invece della mia conversione al renzismo, che mi ha convinto per la sua politica del “fare”, davvero ispirato a un efficace decisionismo. Inoltre, ripensandoci, ho pure constatato che con lui si ha la rivincita della conculcata causa della socialdemocrazia nel nostro Paese, si incontra il vendicatore della linea Saragat-Nenni-Craxi, senza neppure cedimenti al catto-comunismo, di cui recente infelice esponente è stata la Bindi col suo gesto maramaldesco consumato sotto l’ipocrita copertura dell’anti-mafia. Ritornando a Bersani, lui a sua volta, come già Saragat, si può lamentare di essere stato vittima di un destino “cinico e baro”, dato che, sul finire del 2011, sembrava avere in mano Palazzo Chigi, i sondaggi lo davano come vincitore alla testa del Pd. Allora compì un gesto nobile di cui gli va dato riconoscimento, evitò di mandare il Paese alle urne, da cui forse sarebbe uscito vincitore, paventando l’effetto disastroso che una decisione del genere avrebbe avuto sui nostri conti pubblici. Dopo, forse la sicurezza della vittoria annunciata gli ha fatto condurre assai male la campagna elettorale, fino alla non-vittoria della primavera 2012. Ci fu ancora il tentativo di dialogare coi Grillini. A sentire la malalingua di quel seminatore di zizzania che è Travaglio, in realtà Bersani andò al famoso streaming con i Cinque stelle senza offrire loro nulla di concreto, credo che invece urtasse contro il folle loro piano di non fare alleanze con nessuno, di attendere che la pera marcia cada nel loro piatto e che portino via l’intera posta. Dio non voglia che ciò succeda davvero. Dopo, Bersani è stato scavalcato dallo stesso Napolitano, è lui che ha imposto il governo di unità nazionale con Pd e Fi. l’Italia dimentica, ma allora Bersani venne addirittura aggredito dall’opinione pubblica venendo accusato di intralciare, coi suoi vani tentativi di imporsi come candidato al governo, l’affermarsi delle “magnifiche sorti e progressive” corrispondenti a quello sciagurato connubio, cui però in effetti non si vedeva alternativa. Poi, Bersani condusse anche in questo caso in maniera infelice la candidatura Prodi alla presidenza della Repubblica. La politica, a differenza della critica d’arte e della letteratura, è impietosa, in questi ultimi casi si può anche sostenere un autore bocciato o dimenticato dal pubblico, ma sull’altro fronte non c’è nulla da fare, un leader perdente deve uscir fuori dall’agone, è la dura legge di cui già sono stati vittime in successione Occhetto, D’Alema e Veltroni, e appunto con loro è pure tramontato il lignaggio degli ex-PCI, per mia consolazione è subentrato loro un campione, per quanto mascherato e trasposto, di una sostanziale socialdemocrazia.
Ho ricordato questi precedenti per segnalare quanto è ridicola, ingiustificata, fuori luogo la campagna che ora Bersani e Compagni stanno facendo contro Verdini e il suo distacco dal ceppo berlusconiano, il suo quasi sicuro accorrere, con la poca brigata che si ritrova, in aiuto a Renzi, anche in nome di oscuri rapporti col padre del leader. Ma come? Forse che, dopo il fallimento di Bersani, il governo non si regge sull’alleanza Pd-Fi? Semmai, non è la sinistra che ha rifiutato sdegnata l’apporto della destra, ma al contrario è quest’ultima che se ne è andata, denunciando il patto del Nazzareno, e pur una ragione futile, che conferma quanto il partito berlusconiano sia una formazione padronale, con una schiera di passivi cortigiani a seguirlo. Come sappiamo, la causa della rottura è stata la candidatura di Mattarella alla presidenza della Repubblica, un nome bocciato dal leader dell’opposizione per la semplice ragione che in passato questo politico si è pronunciato contro gli interessi di Mediaset, ennesima prova, se ce ne fosse il bisogno, di come in casa Berlusconi le ragioni della politica si identifichino con quelle dell’azienda. Ora, che da quella formazione si distacchino dei massi erratici, prima quelli di Alfano e compagni, e ora dei verdiniani, non porta a nessuna infrazione del quadro generale, nato, ricordiamolo ancora, per il fallimento politico di Bersani e con lui della causa dei veterani Pci rimasti dentro al Pd. E dunque, come è possibile gridare allo scandalo? E’ anzi il ricomporsi di una logica che certo non piace ma di cui al momento non si riesce a fare a meno. Con l’arrivo dei verdiniani si rinsalda il patto del Nazzareno, di cui del resto il loro leader viene ritenuto essere stato il principale tessitore dalla parte della destra.