Oggi nessun tema dominante, ma solo nuovi appunti da inserire nei dossier già istruiti. Domina ovviamente il tema del “Grexit”, con la sua estenuante doccia scozzese, un giorno tutto sembra essere risolto, ma il giorno dopo, oggi 11 luglio per esempio, il cielo si annuvola di nuovo perché la “cattiva” del gioco, la Germania, non vuole, il più cattivo dei tedeschi,il Ministro Schäuble, propone addirittura una soluzione demenziale: la Grecia esca per alcuni anni dall’Euro, faccia i compiti a casa, per poi rientrare. E’ chiaro invece che, una volta fuori, quel Paese andrebbe a picco, come buttar già da una nave un disgraziato passeggero e pretendere che poi rientri a nuoto. La Germania è colpevole di aver ammesso allora la Grecia, quando non aveva i conti in ordine, e questo per l’ingordigia di conquistare quel mercato, ammanettandolo e impedendogli di sfuggire alla stretta implacabile tramite la svalutazione della dracma, che poi è la stessa ragione che ha consigliato di ammettere anche noi. Ora c’è un’unica soluzione, andare alla “ristrutturazione del debito”, ovvero al suo taglio, al suo condono per qualche miliardo, o a una sua proroga a tempi lunghissimi. Sento dire che nell’immediato dopoguerra la Germania beneficiò di un gesto di generosità di questa specie, converrebbe ricordarlo all’opinione pubblica, soprattutto tedesca, nei suoi termini esatti.
Nell’occasione si rivedano tutti i parametri dell’appartenenza all’UE, a cominciare dall’età del pensionamento, è giusto pretendere che la Grecia, se vuole aiuti, accetti l’età pensionistica esistente negli altri Paesi, ma poi, chiediamoci, esiste davvero una simile unità su un ganglio essenziale per garantire la possibilità di procedere assieme? Gli appelli che da tante parti provengono verso gli eurocrati a non essere troppo rigidi assumono spesso toni lagnosi e retorici, si abbia il coraggio di essere precisi, si indichino le perequazioni sui nodi essenziali di portata socio-economica su cui è necessario darci uno standard di quasi assoluta equipollenza.
Un altro tema del giorno potrebbe venire dai predicozzi che i destrorsi del “Corriere della sera” ci servono quasi ogni volta. Ho già più volte espresso le mie dure reazioni al liberismo spinto da cui è dominato Francesco Giavazzi, cui si aggiunge subito Angelo Panebianco, pronto anche lui a predicare la giaculatoria del meno stato, più privato, ma il bello è che in un editoriale odierno (11 luglio) se la prende con la magistratura, colpevole dell’aver bloccato i lavori sia all’Italcantieri di Monfalcone sia all’Ilva di Taranto, ma non mi risulta che la magistratura si indentifichi col governo, il quale anzi è subito intervenuto per rintuzzare lo zelo di qualche giudice in vena di esibizionismo, così come ha tentato di difendersi dagli inutili rigori della Consulta. Infine, leggendo un Giavazzi di qualche giorno fa, mi si è illuminata la mente, è sempre utile prendere a rovescio i suoi fervorini a favore della libera iniziativa. Si sa che la borsa cinese ha conosciuto di recente una grave crisi, questo per colpa degli speculatori, rei di commettere un delitto cui forse andrebbe tutta l’approvazione di Giavazzi, cioè di vendere o acquistare titoli allo scoperto, così variandone a piacimento il valore e restituendoli riacquistati con quotazioni divenute favorevoli. Pare che la Cina, in questo fortunatamente ancora statalista, abbia proibito questo gioco perverso, colpendo i pubblici amministratori rei di essersi dati a un simile stratagemma tipicamente capitalista. Siamo riusciti a fare anche noi altrettanto, o i nostri speculatori restano “liberi” di sfruttare una modalità così perversa e delittuosa?