Arte

Cecioni scultore

Alberto Brambilla ha curato il carteggio tra Giosué Carducci e Adriano Cecioni, invitandomi a prendere parte a una presentazione di quest’opera nel prossimo ottobre. Io ho aderito ben volentieri, precisando però che avrei insistito di più sul versante arte, in relazione a Cecioni, Qui anticipo in breve quanto vorrei sviluppare di più in quell’occasione. Cecioni, come tutti sanno, fu un importante esponente dei Macchiaioli, nato nel 1836, un po’ in ritardo rispetto ai Lega e Banti di cui ha ripreso in pieno i temi intimisti sorpresi nelle stanze che li ospitavano. Ma con una proprietà singolare, fu l’unico tra tanti pittori che, pur eccellendo in tale esercizio, riuscì pure a trasporlo in sculture ben volumetriche, a tutto tondo, unica eccezione, se non sbaglio, in quella squadra. Non solo, ma se si va a vedere nell’ambito della nostra scultura dell’Ottocento, vi tiene un posto di tutto rispetto, come perfetto erede, direi, dell’intimismo di Lorenzo Bartolini. Sono andato a rivedermi su Google alcuni suoi capolavori, forse il massimo è La madre, del 1880, quando l’artista era ormai prossimo alla fine della sua alquanto breve esistenza (1888). Google associa all’immagine un commento orale dove viene letto il testo che in quell’occasione gli dedicò proprio il Carducci, e pare di sentir riecheggiare qualche accento di Pianto antico, ma mentre il poeta in quel caso doveva lamentare la precoce scomparsa del figlioletto, che la madre non aveva potuto salvare,  nel caso di Cecioni la madre è un ritratto della salute, donna prosperosa, in veste da camera, da cui si affaccia la floridezza del seno, Ed è proprio questo intimismo, questo calore di una donna sorpresa mentre coltiva in abiti dimessi l’amore per la sua creatura che si rivela in pieno l’eredità dal Bartolini. Nulla a che fare con alcuni estremi del cursusdella nostra scultura di quel secolo, siamo ben lontani dal classicismo canoviano, ma anche dalla conduzione sfatta alla maniera di Medardo Rosso, e non ci sono neppure accenni  del Simbolismo alla Bistolfi,  la visione è proprio del tutto intonata a un caldo, affettuoso, perfino compiaciuto intimismo ambientale. Un altro famoso capolavoro scultoreo del Cecioni è Bambino con gallo. Scena dinamica, che coglie molto bene lo sforzo compiuto dal ragazzo per tenere a freno, imprigionare la furia dell’animale, come tentare di racchiudere lo srotolarsi di una molla, di un fascio di vimini che sfuggono al controllo. E molte altre ancora sono le scene in cui Cecioni sorprende la vitalità degli animali, consentendogli di agitare il corpo, il muso, le zampe. Naturalmente, il nostro pittore sa rientrare in tanti altri casi nella fattura piatta, plastica solo in senso virtuale, che è propria della pittura, ma appunto, come dotato della prodigiosa vernice del Dottor Lambicchi, sa animare quelle visioni, dare loro un forte rilievo plastico, estraendole dal fondo ambientale che le vorrebbe trattenere, portandole a vivere  di un forte rilievo plastico, che sfugge di mano, si muone con forza, perfino con violenza.

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