Confesso che, leggendo l’ultimo prodotto di Maurizio De Giovanni, L’equazione del cuore, mi si era aperto un filo di speranza, forse uno dei giallisti più reputati e di successo una volta tanto aveva deciso di mettere da parte i suoi soliti investigatori, o anche la squadra tumultuosa dei Bastardi di Pizzofalcone, per narrarci una vicenda più solitaria e di pura rilevanza psicologica. Così infatti si presenta il protagonista di questo romanzo, Massimo Del Gaudio, con cognome del tutto improprio, infatti nella sua esistenza non pare esserci nulla di gaudioso, è un professore di matematica puntuale, abitudinario nei gesti, ancora inconsolabile per la perdita della moglie Maddalena, pur avvenuta tanti anni fa, il che però forse gli impedisce di stringere nodi di sincero affetto sia con la figlia Cristina sia col figlio di costei, il piccolo Checco, che però vorrebbe invece avere il pieno appoggio del nonno. Un’esistenza così regolare, ma anche vuota è scossa a un tratto dalla tragedia, Infatti sia la figlia sia il genere, Luca Petrilli, dal protagonista non molto amato, come del resto è quasi nella tradizione, restano vittime di un incidente d’auto, vanno a finire con la loro vettura dritti dritti contro un ostacolo, morendo sul colpo. Si salva a stento Checco, che se ne stava nel sedile di dietro, ma è in pessima condizione, con fratture multiple e soprattutto offese alla testa, il che obbliga l’assistenza medica a mantenerlo in coma terapeutico, paventando l’ora del risveglio, in cui il piccolo potrebbe accusare lesioni irrimediabili al cervello. Il Del Gaudio è prima di tutto sconcertato da questo dramma, che lo sbalza fuori dalla sua vita così ben regolata nei tempi e nel ritmo, ma essendo l’ultimo parente rimasto al povero ragazzo è costretto a sostare nella clinica e a cercare di rivolgergli un po’ di quell’affetto che in precedenza gli ha sempre negato. Nella veglia viene a scoprire cose sorprendenti, che il genero, da lui disprezzato, era però un genio negli affari, e aveva costituito un impero capace di sostenere da solo tutta quella piccola comunità ove il dramma si svolge. Se Checco ce la fa a sopravvivere, l’erede sarà lui, ma diversamente l’austero scienziato sarebbe sottratto per sempre alla quiete dei suoi studi dovendo farsi carico di quella impensata cospicua eredità che gli pioverebbe addosso. Naturalmente quando un giallista mette in scena un incidente d’auto, cosa che accade molto spesso, essendo un’arma eccellente per ingarbugliare le trame, in genere “gatta ci cova”, come insinua un bravo ispettore, anche se di modesta apparenza. E dunque ci siamo, buon sangue non mente, il giallista che cova in De Giovanni fa la sua riapparizione, ma in una versione insolita. Infatti in genere un falso incidente d’auto è tramato da qualche “cattivo” che vuole mandare a quel paese un nemico, un avversario, qualcuno che gli contrasta il passo. Qui invece passo passo si scoprirà con meraviglia è stato proprio il genero, l’onnipotente Petrini, il padrone del paese, a procurarsi la morte andando a sbattere volontariamente contro l’ostacolo. Naturalmente ho scrupolo verso un eventuale lettore, quindi non starò a svelare la ragione di quel gesto impensato. Dovrò pur dire che comunque, anche quando arriva una motivazione, questa appare inverosimile, tirata per i capelli, e dunque De Giovanni spreca quel poco di attendibilità psicologica che pure aveva dimostrato nel tratteggiare il carattere di Del Gaudio. Niente da fare, le dure esigenze del giallo obbligano sempre a deragliare, a imbrogliare le carte, a barare al gioco. Qui, a dire il vero, il nostro autore lascia la trama in sospeso, non ci dice se e come il piccolo Checco uscirà dal coma.
Maurizio De Giovanni, L’equazione del cuor, Mondadori, pp. 242, euro 19.