Attualità

Andrea Emiliani

Il “Corriere di Bologna” di mercoledì scorso 2 febbraio ha dedicato un articolo a Andrea Emiliani per fiancheggiare la presentazione di un volumne dedicato allo studioso bolognese-marchigiano, a cura di Pierluigi Cervellati. L’articolo in questione era steso dalla penna ben informata e sempre agguerrita di Marco Marozzi. Io a quella presentazione non sono stato invitato, per lo strano ostracismo, o dimenticanza, che l’officiante del rito, Cervellati, ha rivolto verso di me, cassando il mio none da qualsivoglia celebrazione di Emiliani. Eppure sono stato molto legato a lui, intervenendo, anche se non con successo, in alcune fasi delicate della sua carriera. In ogni caso, è anche opportuno precisare che Emiliani fu il numero due, l’allievo devoto e funzionale di Cesare Gnudi, a cui va tutto il merito del rilancio delle fortune dei Carracci, in quegli anni ‘50 in cui gli artisti bolognesi avevano toccato il fondo della loro sfortuna critica. Uno studioso come Ragghianti era giunto a insinuare che dovessero essere tolti dalla rosa degli artisti per essere relegati in quella dei critici o storici dell’arte, in quanto vittime di un fastidioso eclettismo che li portava a incrociare i vari stili dominanti, Diciamo pure che lo stesso Roberto Longhi, insediato proprio nella cattedra bolognese di storia dell’arte, non contribuì molto a quel rilancio, tutto preso come era a rivolgere ogni interesse verso Caravaggio e compagni. E dunque, fu Gnudi a credere davvero che fosse il caso di rilanciare quei nomi, costruendo attorno ad essi una serie di mostre favolose, arricchite da prestiti di straordinaria importanza provenienti dal Louvre e da altri Musei di prim’ordine. E Emiliani fu proprio il suo scudiero, in questa attività, senza però dimenticare che c’era pure un numero tre, tuttora vivente, Eugenio Riccomini, che neanche a farlo apposta pochi giorni prima aveva ricevuto un pari omaggio firmato Brunella Torresin sul foglio bolognese rivale, quello pubblicato da “Repubblica”. La rivalità Emiliani-Riccomini era proverbiale, come del resto succede in genere alle coppie che condividono qualche comune destino, basti pensare alla rivalità leggendaria Bartali-Coppi. Diciamo pure che il cuore di Gnudi era diviso, non so se in parti uguali, nel consenso verso quei due suoi allievi, anche se a Emiliani, più anziano, spettava senza dubbio una qualche forma di precedenza. E proprio pensando a Emiliani Gnudi era giunto a concepire un secondo progetto, altrettanto robusto quanto lo erano le sue memorabili mostre carraccesche, anche se non ugualmente fortunato. Era il progetto di creare una specie di doppione della stessa soprintendenza nazionale, posto per intero nelle mani della Regione Emilia-Romagna, che certo spiccava per energie e iniziative nel quadro dell’autonomismo italiano. Ma Gnudi doveva pur capirlo, il rischio era di di costituire una istituzione parallela, anche se nelle intenzioni dedicata solo a beni artistici e culturali di serie bis, appartenenti alla cosiddetta cultura materiale, di cui però in quei giorni si parlava molto. Emiliani, nelle intenzioni del grande innovatore, era proprio destinato ad assumere la guida di quell’ente parallelo, e in fondo concorrente rispetto alla soprintendenza nazionale Ma per assumere un compito del genere occorreva che Emiliani uscisse dai ranghi ministeriali per assumere un ruolo distinto e autonomo, A questo scopo lo strumento ideale poteva essere una cattedra universitaria, e qui entra in gioco un mio intervento in quegli anni, che sono i ‘70, in cui mi trovavo ad avere una certa autorevolezza nel neonato corso di laurea in Discipline dell’arte, musica e spettacolo, il favoloso DAMS. Emiliani non era sfuggito all’attenzione del reclutatore principe di quella eletta famiglia, Benedetto Marzullo, che gli aveva affidato un incarico in una di quelle discipline di nuovo conio, dalle intitolazioni audaci e anti-conformiste di cui il DAMS si compiaceva, addirittura quella Fenomenologia degli stili di cui io stesso, anni dopo, mi sarei fatto fedele e convinto praticante. Ma allora, Emiliani, provvisto di un’educazione molto conformista, non capiva assolutamente in che cosa consistesse quella strana materia, e ci rideva sopra. Io però in quel momento spesi tutte le mie energie al fine che Andrea riuscisse a conseguire proprio una cattedra in quella materia, il che appunto gli avrebbe consentito di assumere la gestione dei Beni culturali in Regione. Ma Marzullo, con gli enormi poteri ministeriali di cui godeva, si mise di traverso, contro quella nomina, e non ci fu nulla da fare, Emiliani non passò nella selezione romana, fu bocciato. Del resto, poco dopo Gnudi usciva di scena e dunque Andrea prendeva legittimamente il suo posto alla testa della soprintendenza, il che fu la causa del declino inevitabile, anzi, del mancato decollo di quella creatura bis, sussidiaria, rivelatasi sempre più col tempo un inutile doppione, tanto è vero che oggi è stata soppressa. E dunque, Cervellati e compagni avrebbero pure dovuto riconoscere quel certo compito che allora mi ero assunto, e del resto fui anche tra i fautori della chiamata al DAMS di Cervellati stesso, che era colmo di onori per il piano di salvataggio del centro storico di Bologna, coll’intento di farlo rinascere in tutti i tratti caratteristici, compresi i colori degli intonaci. Mi dispiacque molto quando poi Cervellati, che al DAMS si sentiva come un pesce fuor d’acqua, preferì trasferirsi in una sede più vicina ai suoi interessi quale il veneziano IUAV, che è un Ateneo interamente dedicato all’architettura. In seguito tentai perfino di far ritornare Cervellati sui suoi passi, ma senza riuscirci. Da qui però non capisco la forma di quasi disprezzo, o di cancellazione dalla scena, di cui attualmente si è reso autore nei miei confronti, e proprio dall’avermi escluso dal recente incontro commemorativo si è consumato l’atto finale di questa eliminazione. Tra gli invitati non poteva mancate invece Tommaso tMontanari, che ci ha provato con Renzi, frequentando gli incontri della Leopolda, ma ritenendo di non essere abbastanza remunerato, si è traformato n un accanito anti-renziano, il che gli ha dato notorietà e chiamate a iosa in tutti i talk show della nostra affollata tribuna.

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