E’ molto giusto che il MAMbo dedichi una rassegna a Italo Zuffi, una delle più solide presenze nella Felsina, non diremo pictrix, dato che nulla è più lontano da lui quanto la pittura. Zuffi è un solido costruttore, ma alleato anche al suo opposto, al decostruire, visti come i due lati di una stessa operazione. E dunque per un verso egli schiera degli elementi da impresa edilizia, mattoni traforati, contenitori, vasche, che a loro volta contengono pezzi minori, come una nave potrebbe portare con sé la scialuppa di salvataggio. Talora questi elementi solidi si disfano quasi sotto il nostro sguardo, si aprono, danno luogo a varianti, a schegge impazzite che si distribuiscono nello spazio. E anche i colori contribuiscono a questa parata edilizia sono le tinte sobrie proprie dei mattoni, riposte sul grigio, su una sinfonia di tinte neutre. A meno che invece non adottino qualche azzurro squillante, come succede nei meccani quando una colorazione vistosa vuole aiutare proprio nel disporre i vari pezzi richiamandoli tra di loro e invitandoli a fare sinfonia reciproca. In genere Zuffi è affezionato alle misure rettangolari, come si conviene a un costruttore-decostruttore come lui, ma in questa rassegna lo vedo adottare anche degli schemi circolari, come delle ciambelle di salvataggio, in vista di un naufragio che potrebbe mettere a rischio quella sua ben calcolata simmetria di componenti. E poi c’è il salto verso una componente umana. L’artista cioè si persuade che quel suo senso di ordine, di disposizione schematica, ben ordinata, potrebbe anche essere affidato a gruppi di corpi umani, disposti a fare siepe, a infittirsi gli uni accanto agli altri. Oppure egli stesso si infila dentro la sua creazione, come per andare a misurarla di persona, verificarne i limiti di resistenza. Oppure si arresta nella contemplazione di una parete, che è come una fase massimale del suo lavoro, quando il costruire rinuncia ad ogni possibile interstizio e si costituisce in un muro compatto, magari con tanto di cartello che ne indica il limite insuperabile, il termine ultimo di un atto contemplativo. Col che evidentemente Zuuffi strizza l’occhio verso soluzioni concettuali, ma non vorrei che queste lo inducessero a rinunciare a quelle sue diposizioni architettoniche così ben orchestrate, coì efficaci nel loro vario collocarsi e andare ad ammobiliare lo spazio. Credo che il nostro artista non si debba mai allontanare troppo da una pronta verificabilità fornitagli da costrutti, oggetti saldi, ingombranti, ben disposti strategicamente nell’ambiente.
Italo Zuffi, MAMbo, fino al 30 maggio