Sono decisamente un estimatore di Domenico Starnone, di cui credo di aver recensito con consenso parecchie cose, apprezzando la sua modalità di un anziano, sornione, compos sui, ma pronto a farsi carico e ad aiutare le debolezze di persone più giovani. In particolare, ho trovato delizioso lo “Scherzetto” del ‘16, in cui un nonno si crede di essere in possesso di tutta l’autorevolezza che ci vuole per tenere a freno un nipotino che gli viene affidato. Ma il ragazzino, degno figlio dei nostri tempi, ne sa più del demonio, e quindi è lui a segregare su un terrazzino l’avo contegnoso tenendolo sotto scacco. Ebbene, in questa “Vita mortale e immortale della bambina di Milano” trovo le stesse caratteristiche, seppure elegantemente rovesciate, ma si sa quanto sia valida una traccia di continuità da un’opera all’altra per assicurare sui buoni diritti dell’autore, Questa volta a dominare il campo non è un nonno saputello, bensì una nonna che è esattamente il suo contrario, una ignorante e quasi selvaggia figlia del popolo, tenuta in scarsa considerazione dalla famiglia che la ospita solo per pietà, ma questa creatura, vitalissima, autentica espressione di napoletudine, con fitto uso del relativo dialetto, si attacca di un amore viscerale, quasi materno, verso un nipotino, che colma di favori e di attenzioni, quasi per vendicarsi della poca considerazione con cui è tenuta dal resto della famiglia. Il ragazzino a sua volta è invaghito della “Bambina di Milano”, che danza sul balcone di casa, ma di cui si sa poco e niente, si apprenderà che non è neppure di Milano, bensì anche lei di Napoli. Del resto, scompare molto presto, incitando il ragazzino innamorato a rivisitare il mito di Orfeo e Euridice. Forse tocca a lui andare a recuperarla dal regno dei morti, scostando una pesante pietra tombale che nel cortile dell’abitazione comune cela degli oscuri recessi. Non mancano i duelli rusticani per disputarsi i favori di quella presenza fantomatica, tra il protagonista e un suo coetaneo, tale Lello, con sfide a colpi di bastone o scontri col rustico attrezzo della bicicletta. L’ìmpostazione è buona, però lamenterei alcuni difetti. La miracolosa, fatata “Bambina di Milano” viene fatta scomparire tropo presto, trascinando con sé i suoi segreti, mentre campeggia in eccesso lo scontro tra l’Orfeo di nuovo conio e l’antagonista Lello. Deludente è anche il fatto che il novello Orfeo faccia troppo presto a dimenticare la sua Euridice tentando di consolarsi con un banale amore di riserva. Ma per fortuna resta a vigilare, intatto, tetragono, fino alla morte l’amore spropositato della nonna, verso quel nipote, in cui ha individuato l’unica possibilità di riscatto e di riconciliazione con la vita.
Domenico Starnone, Vita mortale e immortale della bambina di Milano, Einaudi, pp. 145, euro 16,50-