Arte

Anche per Peter Halley l’universo è diventato curvo

Intervengo per una seconda volta su una mostra di Peter Halley, a poca distanza dall’averne magnificato una precedente tenutasi alla Galleria Minini di Brescia, contrariamente alle mie abitudini, ma il fatto è che l’attuale esposizione di cui vado a parlare rappresenta una svolta radicale nel lavoro dell’artista statunitense. Gli avevo sempre perdonato la sua devozione a ritmi perpendicolari, a riquadri tracciati col tiralinee e rispettando una perfetta ortogonalità, invocando due attenuanti: che quel suo incastrare quadrati e corridoi, in definitiva, corrisponde al modo stesso con cui si usano rappresentare gli schemi dei computer e di ogni altro ordigno di avanzata tecnologia. E valeva soprattutto il cromatismo che si impadroniva di quei rettangoli, intonato a colori freddi, ma sgargianti, di conclamato cattivo gusto, in definitiva gli stessi colori portati avanti dal postmoderno nelle sue varie manifestazioni. Ora, sempre grazie alle visite virtuali consentite da Artribune, entro nel Museo Nivola di Orani in cui constato il compiersi di una svolta radicale. E’ come se Halley avesse letto il proclama di una archistar quale Zaha Hadid, mi pare da lei fatto pubblicare anche sui giornali “Chi ha detto che il mondo è un rettangolo?”. Cioè, il curvo, nell’universo, prevale sull’angolo retto, e dunque anche l’arte ne deve trarre le conseguenze. Del resto, a questa svolta era pure giunto Sol Lewitt, anche lui, nei suoi ultimi anni, in piena opposizione allo spirito analitico che aveva presieduto i suoi inizi nel sacro nome del “concettuale”. E aveva pure adottato un cromatismo aperto, manifesto, anche in quel caso pronto a sfidare il cattivo gusto, O meglio, siccome sappiamo bene che Lewitt non eseguiva mai di persona le sue opere, questi erano gli ordini che intimava agli esecutori passivi e devoti. Non so nulla su come abbia proceduto Halley, in questo caso. E’ venuto di persona a far fluire i suoi ritmi curvilinei, le sue liane flessuose nello spazio sardo, o li ha commissionati da lontano? In ogni caso, si è fatto ispirare dalle bifore di sapore gotico che si aprono in quella sala, ritrovando gli intrecci degli amanuensi medievali, magari di origine celtica, che ovviamente erano rigorosamente aniconici, dediti completamente a un puro decorativismo. In tal modo Halley compie una svolta significativa che non potrà mancare di avere un effetto trascinante su tanti altri artisti.
Peter Halley, Museo Nivola, Orani, a cura di Antonella Camarda.

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