Avevo detto abbastanza bene del romanzo di Marco Balzano, “Resto qui” (2018), apprezzando in particolar modo la sua capacità di rovesciare il punto di vista, di esaminare i fatti di una piccola località dell’Alto Adige, o diciamo meglio del Sud Tirolo, non dalla parte nostrana, della popolazione di lingua e cultura italiana, alle prese con l’ostilità della gente del luogo, fiera delle proprie origini germaniche. E si era inserito anche un piccolo giallo, nella persona di una figlia della coppia posta al centro della vicenda, che con atto assoluto e senza ritorno aveva preferito addirittura trasferirsi in Germania e sparirvi, senza più dare notizie di sé alla famiglia. Ora ricevo da Balzano “Quanto tornerò”, e vi ritrovo la stessa appezzabile spinta a rovesciare la prospettiva, questa volta in modo inverso. Infatti la scena di base ora è posta in una località della Romania, dove tre ragazzi soffrono per essere abbandonati all’improvviso dalla madre Daniela. Ma non siamo certo in presenza del dramma, abbastanza abusato, della coppia che si scioglie, con la fuga di uno dei coniugi, e grave danno sia fisico che psichico per i figli. Anche perché la statistica fedelmente rispettata dalla narrativa, vuole che in questi casi sia il maschio ad andarsene. Del resto, la madre non abbandona il focolare per un improvviso capriccio o per una chiamata del sesso, lo fa invece per procurare cibo ai figlioli rimasti nel nido. E se ne viene in Italia a fare la badante. Ma in tal modo Balzano incrocia, frequenta scenari già abbastanza noti. Naturalmente il destino di una rumena che viene dalle nostre parti allo sbaraglio è duro, irto di ostacoli, di difficoltà, di cui il narratore offre una cronaca senza dubbio puntuale e aderente, ma altri lo hanno fatto, penso per esempio a Melania Mazzucco, scrittrice di riferimento, che in un romanzo dal titolo subito eloquente, “io sono con te”, ha seguito da vicino, con cronaca fedele, il dramma di una immigrata, costretta a vivere in strada (“Storia di Brigitte”). Se si vuole, siamo a quel panorama fin troppo diffuso presso di noi che io definisco di nuovo-nuovo realismo, o di ripresa dei lontani Gettoni della coppia Vittorini-Calvino, come se ora si sentisse il bisogno di riscriverli, adattandoli a tempi tanto mutati. E non del tutto felice è anche una mossa successiva di Balzano, forse avrebbe fatto meglio a lasciare che Daniela affondasse nel suo gramo destino, come l’irredenta del romanzo precedente che va a scomparire nella madrepatria. Invece la madre risponde al richiamo di uno dei suoi passerotti, rimasto vittima di un incidente, e allora lei rimpatria, si asside vicino al letto del sofferente per attenderne il risveglio. Ma in tal modo il Nostro incrocia il percorso di un’altra delle nostre autrici di riferimento, di Valentina Parrella e del suo “Spazio bianco”. Anche se si potrebbe obiettare che le circostanze sono del tutto diverse, in quel romanzo la protagonista della Parrella attende con ansia la ripresa di vitalità di un figlio nato prematuro, qui invece la veglia è rivolta alla vittima di un incidente. Del resto, quante volte abbiamo assistito a sequenze del genere in fiction televisive. Insomma, il montaggio complessivo di questa prova di Balzano, nonostante l’indubbia forza dei singoli brani, soffre di qualche ridondanza e caduta nel risaputo.
Marco Balzano, Quando tornerò, Einaudi, pp. 197, euro 18,50.