Letteratura

D’Amicis: gli inizi di una bella carriera “in progress”

Mi vanto di aver seguito quasi ad ogni passo la lunga e ricca carriera narrativa di Carlo D’Amicis, fin da quando era arrivato ai nostri fortunati appuntamenti di RicercaRE, a Reggio Emilia, presentato da quell’ottimo talent scout che è stato Canalini di Transeuropa. Poi l’ho accompagnato lungo il suo procedere in crescendo fino al capolavoro dell’anno scorso, “Il gioco”, che avevo invitato per una presentazione nel programma, “povero ma bello” che tengo ogni anno a Cortina d’Ampezzo, Grand Hotel Savoia, a sfida della incombente “montagna di libri”, forte dell’appoggio del comune ampezzano. E per parte mia voleva anche essere un risarcimento per l’esclusione di questa opera “totale” da una corsa a pieno titolo allo Strega di quell’anno per ragioni quasi di censura moralistica. Sono quindi ben lieto che ora venga recuperato uno dei suoi primi lavori, “Il ferroviere e il golden gol”, che mi era sfuggito, e che si vale anche di una postfazione di un’anima assolutamente gemella quale Tiziano Scarpa, uniti nello svolgere concordi quella che mi piace anche definire, in termini para-kantiani, una “Critica della ragione sessuale”. Qui ovviamente compare già “in nuce” l’eroe-anti-eroe che poi rimbalza in tutte le opere successive di D’Amicis, sviluppandosi, articolando meglio i dati psicologici, ma resta al centro di tutto un personaggio in fiera disfida contro tutti i pregiudizi del tempo. Però è una disfida condotta con mezzi pacifici, e sempre pronta, caso mai, a rivolgere su di sé gli strali dell’accusa, con tendenza quasi di sapore masochista. Qui del resto, a p. 109, troviamo una frase che significa nel modo migliore una simile spinta a rivolgere in primis su se stesso l’arma dell’offesa: “ero di tutti tranne che di me stesso”. Ovvero, nel protagonista la lotta contro i tabù sociali è sempre esercitata con bonomia, come in questo caso il rifiuto alla destinazione impostagli dal padre di fare il ferroviere come lui, eppure il figlio non fieramente degenere ci prova, e si sente anche pieno di ammirazione per il fratello Leone, che tale è, a differenza di lui, non proprio a livello fisico in quanto è stato colpito da una paraplegia che lo costringe a muoversi in carrozzella, però con un consistente compenso a livello psicologico che ne fa un “dritto”, un furbo, capace di trasmettere al fratello tanti consigli di vita, imponendogli una soggezione quasi di stampo paterno. Insomma, l’inettitudine di cui il nostro soggetto fa ampia, convinta, ma a anche sommessa confessione, si dispiega come la polpa di un crostaceo, compressa tra rigide corazze parentali, tanto che non osa infrangere il sacro vincolo coniugale del fratello verso l’avvenente moglie Lisa. Insomma, a dire il vero l’affondo nella vita sessuale al momento non avviene, il nostro ribelle è trattenuto da complessi e inibizioni, anche se sogna in grande, proponendosi di tirare su una squadra di giovani calciatori tali da costituire un provvido vivaio per le grandi squadre del Nord, con una Juventus che si para in lontananza come vetta inaccessibile. Proprio per gettare un ponte tra lo stato presente, manchevole e deficitario, e un avvenire speranzoso di mirabili successi, sull’esempio di quelli che il fratello riesce davvero a ottenere, l’autore impresta al suo rappresentante il mondo delle metafore calcistiche, Ovvero, ogni passo di questa eroicomica vicenda viene indicato, ribadito, sottolineato con riferimento a qualche evento, impresa, atto memorabile avvenuto nei vari tornei calcistici. Devo dire che la puntualità, lo specialismo con cui questi riferimenti vengono inseriti corre qualche rischio di monotonia, di insistenza ossessiva, soprattutto se il lettore, come nel mio caso, non è all’altezza di comprendere e gustare riferimenti così puntuali. Ma per fortuna un tale contrappunto assilla solo quest’opera prima del Nostro, e non si ripresenta nelle imprese successive, anche se indubbiamente esse richiedono ogni volta di spaziare su un’ampia tastiera di similitudini, metafore, agganci, in vista di giungere a edificare il risultato finale, l’”opera-mondo” corrispondente al “Gioco”.
Carlo D’Amicis, Il ferroviere e il golden gol, 66TH, pp. 156, euro 15, postfazione di T. Scarpa.

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