Negli ultimi tempi abbiamo assistito a due suicidi, non “assistiti” ma del tutto volontari. Il primo di questi, le dimissioni di Salvini e della Lega, è stato nel mio giudizio un evento del tutto positivo, addirittura insperato, come premessa per rendere possibile di andare verso una diversa maggioranza di governo, il giallo-rosso in sostituzione del disastroso giallo-verde, Se qualcuno mi ha letto, avrà notato la mia paura che la Lega non mollasse la presa e così ci trascinasse nel baratro, come poteva accadere nel film “Niagara”, con un salvataggio operato in extremis. Ma per fortuna quel ritiro dalla scena ci ha salvato, ha aperto lo spazio per il cambio di maggioranza, come ho auspicato, tra l’incredulità generale, in una riunione del Pd bolognese di via Murri, anche perché mi si obiettava che il “mio” Renzi si era dichiarato del tutto contrario al compiersi di quel matrimonio. Ho tirato un sospiro di sollievo quando, poco dopo, Renzi stesso ha cambiato passo e a sua volta ha auspicato il compiersi di quella alleanza, tanto che, peccando di presunzione, avevo pensato di godere di un magico collegamento telepatico col leader, in realtà da me mai conosciuto, e mi ero permesso di smentire che lui volesse andarsene dal partito. Invece su questo punto ho avuto poco dopo una crudele smentita, ma questo è appunto il secondo suicidio cui accennavo sopra, in tal caso del tutto infausto e deprecabile, a mio avviso. Io avevo sperato in un Renzi che, proprio in virtù del potere di trascinamento esercitato dentro il Pd, in barba alle perplessità di Zingaretti e compagni, si avviasse gradualmente a riconquistare il partito, che dopotutto per ben due volte alle primarie si era pronunciato a suo favore, Ma in realtà Renzi aveva già deciso di andarsene, come dicevano tutti gli infiniti avversari che si sono sempre accaniti contro di lui. Lo aveva già deciso quando aveva ritirato la candidatura di Minniti a correre sotto le sue insegne per la carica di segretario. Purtroppo con la creazione di uno “partitino” senza dubbio Renzi acquista un potere immediato di controllo e supervisione sulla nuova maggioranza, ma è qualcosa di fastidioso, come giustamente gli rimprovera il nuovo leader Conte, con minaccia dalle polveri scariche, in quanto se il ritiro della manciata di parlamentari di Italia viva provocasse la caduta del governo, con nuove elezioni, quell’esigua pattuglia verrebbe cancellata, e sarebbe anche il modo sicuro di dare partita vinta a Salvini. Non solo, ma essendosi ritagliato appunto un “partitino”, Renzi si condanna a venir meno a un requisito della grande riforma da lui tentata, operazione straordinaria di cui spero gli sarà reso merito a livello di storia. Si sa che lui, in quel pacchetto di riforme, pretendeva che la nomina del presidente del consiglio seguisse l’iter ottimo adottato per i Comuni, facendo di lui il Sindaco di tutta Italia, ovvero ricorrendo a un sistema maggioritario con ballottaggio finale. Ora invece Renzi è costretto a battersi per un proporzionale puro, e anche con una alta soglia di sbarramento per entrare in Parlamento. E’ insomma una mina posta lungo un percorso normalizzante che consenta anche a noi di avere un bipartitismo regolare e funzionante. Italia viva è una zeppa, un ostacolo messo negli ingranaggi di una simile possibilità.