Naturalmente devo riconoscere che l’entusiasmo con cui milioni di giovani hanno accolto, venerdì scorso, la chiamata a manifestare contro le emissioni dannose è stato beneaugurante, anche per la fantasia dimostrata nell’accompagnare la manifestazione con un gran numero di arguti “tatzebao”. Però ci vogliono alcuni “distinguo”. Tanto per cominciare, bastava collocare le manifestazioni in una domenica, e si sarebbe evitato il sospetto che la fitta partecipazione delle scolaresche corrispondesse in realtà a una sorta di “fughino” autorizzato (noto di passaggio che la nostra lingua, come in tanti altri casi, non ha ancora conseguito una unità di vocabolo per designare un fenomeno del genere, detto altrove “bigiare”, fare tela, ecc.). Inoltre divido la questione in due componenti. A livello scientifico, resta da dimostrare che l’indubbio riscaldamento del pianeta, dipenda davvero dalle emissioni di CO2. Ricordo che il migliore dei nostri meteorologi televisivi, Bernacca, ammoniva che prima di parlare di mutamenti catastrofici nel clima bisogna guardare i tempi lunghi, e non basarsi su segmenti ridotti. Basti pensare che solo qualche tempo fa si denunciava come catastrofica la comparsa delle alghe nell’Adriatico, mettendola in conto dell’inquinamento industriale, poi si è scoperto che il fenomeno era già comparso a metà Ottocento, quando la pianura padana era ancora quasi immune da impianti industriali. E in ogni caso bisogna evitare un rifiuto fanatico di ogni ricorso ai combustibili, è quasi comica la decisone della pasionaria balzata all’onore delle cronache, Greta Thunberg, di recarsi negli USA con un battello a vela, esempio di quella che viene stigmatizzata come “decrescita felice”. Il viaggio di Greta è stato un esempio di carattere aristocratico, concesso solo a “happy few”, ovvero a personaggi come lei balzati agli onori delle cronache, immaginiamoci che cosa accadrebbe a milioni di utilizzatori di voli aerei per ragioni di lavoro e di ricongiungimento con parenti. Mi viene in mente quel momento dei primi anni ’70 in cui per una crisi momentanea dell’afflusso degli idrocarburi, annunciata anche in quel caso come catastrofica, ci eravamo messi ad andare in bici o addirittura a cavallo.
Ciò detto, è vero che le emissioni di anidride carbonica sono dannose, se non proprio per la salute del pianeta, per la nostra di abitatori di città, meglio evitarle, eliminare il ricorso a sostanze fossili, carbone, petrolio. E ci sarebbe già l’antidoto, l’utilizzo sistematico del vero motore primario della nostra civiltà attuale, l’energia elettrica, un ammiratore di McLuhan come sono io non si tira certo indietro, su questo fronte. E dunque inneggio all’avanzare del cosiddetto ibrido nelle auto, mi chiedo solo perché non si riesca a eliminare quella quota parte che resta affidata a una ricarica degli accumulatori di elettricità con ricorso ai soliti idrocarburi. Però, anche su questa strada bisogna guardarsi da una pretesa dei “verdi”, che cioè l’accantonamento delle sostanze fossili possa avvenire solo ad opera delle cosiddette energie rinnovabili, come pale eoliche, pannelli solari e così via. Mi pare che anche qui la solidità dei numeri ci dice che solo una piccola percentuale delle nostre esigenze potrebbe essere coperta da queste fonti alternative, solo forti quantità di energia elettrica potrebbero soddisfarle. Ma queste, se non ottenute con centrali a conduzione petrolifera, dovranno essere affidate alle centrali termonucleari, come del resto avviene regolarmente attorno a noi, in Francia, Austria, Germania, con la beffa che noi proclamiamo sdegnosamente di essere denuclearizzati, ma poi siamo costretti ad acquistare ingenti risorse elettriche prodotte proprio dalle centrali nucleari esistenti ai nostri confini. E dunque, è giusto fare i conti con un futuro energetico “pulito”, ma senza stravolgere i dati reali e senza darsi a una politica dello struzzo, che nasconde la testa entro comodi pregiudizi.